Erano discesi alla stazione
di Pecos, si erano forniti di buoni cavalli, e caricate le provviste di
viveri e di munizioni su quelli da traino avevano inforcato i loro mustang e si
erano messi in cammino.
La cavalcata era composta da Buffalo Bill, da Gharley
Plumket, dal capitano Sivash che
aveva voluto prendere parte ad ogni costo alla spedizione, e dai fratelli Tom, Tim e Tit Podmores.
Il resto delia comitiva era rimasta a Galveston al comando
provvisorio di Walter Schmelling
che aveva il suo buon da fare poter mettere insieme il materiale occorrente
alla prossima spedizione di Bill in Europa.
D'altronde il colonnello
non lo avrebbe lasciato a lungo solo. Aveva promesso che in un mese tutto al
più sarebbe tornato con la scorta di
pellirossa che si era proposto di
aggregare alla sua troupe.
I sei uomini calvalcavano in formazione. In testa Bill e capitan Sivash; dietro a loro Charley
e Tom, in ultimo Tim e Tit. Fra le due file erano serrati i tre cavalli che portavano le tende e le provvigioni.
II giorno era caldo, ma le rive del Rio Pecos fiancheggiate da vegetazionte rigogliosa che
essi seguivano erano deliziosamente ombreggiate.
— Per quanto tempo
potremo cavalcare al fresco, colonnello?
— Tutto al più fino a
domani, perchè raggiunto il Rio Escondido dovremo costeggiare
il suo corso per addentrarci nella prateria dove se devo dirvi il mio parere mi
sentirò più tranquillo.
— Perchè dite così?
— Perchè fra queste
boscaglie vi è sempre da attendersi qualche sorpresa, mentre nella pianura che
si può dominare con la vista per buon tratto
non c'è da temerne alcuna.
— Per Satanasso! State
tranquillo che tendo bene l'orecchio e che vedo ben lontano con i miei occhi.
Tit mi raccomando di guardarti ogni tanto alle spalle.
— Non temete Black che
fra me e Tim facciamo buona guardia.
— E dove credete
incontrare il vostro vecchio amico, colonnello? — tornò poco dopo a
domandare il capitano.
— È difficile che
possa dirvelo, con precisione. Gli Apaches sono nomadi e per quanto non si
allontanino da un certo territorio altro che quando non siano stati vinti da
qualche altra tribù usurpatrice, pur tuttavia spostano i loro accampamenti a
distanze notevoli. Considerato però
che Aquila bianca il capo che io cerco, è un pellirossa molto intelligente e
assai propenso ad assorbire la civiltà nostra rittengo non si sia allontanato
troppo dai Monti degli Apaches. Quando lo vidi l'ultima volta mi disse che
aveva intenzione di far coltivare grandi appezzamenti di terra nei pressi del
suo accampamento. Spero che lo abbia fatto. In tal caso saprei dove trovarlo.
Camminarono tutta la giornata senza fare alcun incontro
degno di interesse. Videro alcune piroghe
risalire il fiume. Ma eran condotte
da anziani e cariche di ceste di
giumcastri che li rivelavano mercanti,
o pescatori che dovevano essere
stati a vendere a Filklyn dove vi
era un mercato e che probabilmente
avevano le loro capanne sul fiume. Ma giunti verso sera nei pressi di Passo di Capwater notarono che la
vegetazione sia dell'una che dell'altra riva era per un buon tratto devastata,
e che il terreno era coperto di una quantità di tracce di cavalli e di indiani, riconoscibile per le impronte
dei loro caratteristici sandali di scorza d'albero.
Charley che aveva
arrestato il suo cavallo per
rendersi conto della cosa disse:
— Di qui deve essere
passata urna tribù numerosa. Che ne dite colonnello?
— Non c'è da
dubitante. Saranno probabilmente dei Comanches di Flat Rock che avranno passato
il fiume per unirsi a quelli della prateria.
— Questa
concentrazione potrebbe essere sospetta.
— Vi sbagliate Charley
— osservò Black Sivash. — Voi sapete che il guado di un fiume è un
punto strategico per i pellirosse, e che vi tendono agguati. E loro intersese
che la vegetazione sia folta nel posto. Per aver spogliato gli alberi,
sprezzate le liane bisognava che fossero stati ubriachi di acquavite, o in gran
festa.
— Trovo giusta la
vostra osservaziome — disse Bill
— ma il fatto importante si è che non
arriviamo troppo a proposito. Quondo i pellirosse si riuniscono, si accorgono
di essere forti e diventano impertinenti e aggressivi. Per buona sorte vi è il
forte Stokton che è fornito di una guarnigione rispettabilissima. In caso
ripiegheremo su quello e se vi è ancora il generale Riders ci staremo come in
casa nostra.
Proseguirono verso Rio
Escondido, ma percorsi altri cinque chilometri circa Bill propose di fermarsi per montare le tende e preparare la cena.
La proposta fu accolta molto volentieri perchè mancavano poche ore al tramonto
e la stanchezza della lunga cavalcata si faceva sentire.
Le tende furono pronte in poco tempo e per la cena non fu
necessario accendere il fuoco. Avevano ancora della carne arrostita e dei
salumi portati da Pecos. Chiusero la
succulenta cena con un buon bicchiere di vecchio rhum di canna, e dopo accesero
i sigari.
— Colonnello —
disse Tom — credete che potremo fidarci a dormire a fuochi spenti? Non ci sarà da
avere la visita di qualche giaguaro?
— Sono rarissimi ormai
da queste parti, ma non sarà male stare in guardia. Più che i giaguari temo i
pellirosse che sarebbero ben felici di poterci derubare delle molte cose che
abbiamo. Se i Comanches sono in movimento emigratorio, non è difficile che ve
ne siano ancora parecchi che debbono passare
il fiume.... Monteremo la guardia ad uno per volta. Io non mi coricherò prima
di mezzanotte, vi lascio lìberi da quell'ora in poi di distribuirvi il turno
come meglio credete.
Fissarono che fino alle una e mezza avrebbe montato la guardia Sivasch, seguito
poi da Charley fino alle tre,
lasciando poi ai fratelli Podmores
di dividersi il rimanente del tempo come meglio credevano, tanto più che
avevamo una tenda per conto loro. La notte passò tranquilla.
Erano circa le quattro del mattino, quando Tit destò suo fratello Tom.
— Che c'è?
— Su tocca il tuo
turno di guardia.
— Ma è giorno ormai.
— Disse il giovane stropicciamdosi
gli occhi e alzandosi dalla pelle di capra che gli serviva di letto.
— Dov'è Tim? —
chiese sorpreso vedendo vuota il giaciglio di suo fratello.
— È uscito poco fa, mi
ha detto che andava verso il fiume.
— Ha preso le armi?
— Sì.
— Ma è una pazzia
allontanarsi solo in questa regione per noi sconosciuta. Aspetta un po' a
coricarti che lo raggiungo e lo mando qui immediatamente.
Tom che aveva
allacciato il cinturone alla vita
rimettendovi le rivoltelle e il pugnale, si passò a tracolla il lasso, la sua
arma preferita, prese il Winchester e
si avviò per uscire dalla tenda. Tit lo
seguì.
— Che fai?
— Vengo anche io con
te, non ho più sonno ormai.
Uscirono. La mattinata era meravigliosa e fresca. Intorno una tranquillità assoluta. Fra gli alberi
qualche discreto cinguettare di uccelli, e il chioccolare di qualche coppia di
pappagallini. Sul terreno molle per la vicinanza del fiume non tardarono molto
a rintracciare le orme di Tim stampate profondamente. Si era
allontanato seguendo la corrente e tenendosi a pochi passi dalla riva.
— Che è saltato in
testa a quel matto?
— Vieni Tit speriamo
che non ci faccia camminar troppo.