I racconti
Il Racconto di Leo
Nel
racconto, Il Ritorno di Leo, Valeria
fa di tutto per rubare ad Evelina,
la sua sorellastra, il fidanzato che ella ha amato per tanti
anni in segreto.
E’
un racconto intenso e toccante che
analizza i sentimenti umani,
restituendo ai protagonisti della storia
tutta la loro sofferta ma anche gioiosa umanità. Essi si muovono sulla scacchiera di un gioco che sembra
prestabilito ma che in realtà è imprevedibile
nella sua sotterananea coscienza
della sua fascinazione.
Senza
toni celebrativi è un racconto che ci dà un affresco di una banale storia d’amore, come sono banali tutte le storie d’amore, ma colorandola con uno smagliante mosaico ricco di sensazioni in cui all’ampio
respiro della narrazione si alternano i sogni più intimi, le emozioni,
i drammi e i sentimenti di un piccolo
nucleo familiare.
“La lettera di Leo giunse una mattina in cui
Evelina non era in casa. Valeria, dal mittente apprese che era di Leo e,
nonostante i lunghi cinque anni trascorsi dall’ultima volta che l’aveva
incontrato, si sentì venire meno.
Il ricordo di Leo era ben
vivo nella sua mente. Soprattutto quello di un mattino d’estate. Aveva deciso
di fare un bagno e quando aveva raggiunto la piscina aveva trovato Leo sdraiato
e immobile a prendere il sole.
Rimase perfettamente
indifferente vedendola. La cosa la contrariò. Decise di provocarlo, di vedere
se riusciva a fare breccia in quell’ostentata indifferenza. Possibile che si
accorgesse solo di Evelina. Lei, in bellezza, non era certo inferiore alla
sorella.
Si tolse la vestaglia e
rimase solo con gli slip. Non aveva indossato la parte superiore del costume.
La cosa non sfuggì a Leo che si sedette in silenzio davanti a lei.
- Ti crea imbarazzo il mio
seno nudo?
La domanda era stupida e
retorica, si pentì di averla fatta, ma oramai non poteva tornare indietro.
- Perché dovrei essere
imbarazzato? - rispose, e dopo un attimo aggiunse:
- Non porti mai la parte
superiore del costume?
- No. Non credo di averne
bisogno. Pensi che i miei seni ne abbiano bisogno?
L’aria era satura di caldo,
non vi era nemmeno un alito di vento.
Leo li aveva appena guardati
i suoi seni. Un’occhiata senza malizia, forse un po’ divertita.
Disse:
- Facciamo il bagno.
Si era rifiutata, irritata
da quell’indifferenza che si opponeva ai suoi desideri.”
Eleonora – Il Tradimento
Un racconto costruito col rigore di un meccanismo di precisione.
Il resoconto di un doppio tradimento, delle ragioni dell’uno e dell’altro. E, se
uno è comprensibile tra due persone che si amano, l’altro è imperdonabile. Un racconto stilisticamente perfetto, straordinariamente intimista, pregnato da una fatalità incombente che lega tra loro marito e moglie. Stupenda
la figura di Eleonora, sensibile e vulnerabile, che lotta con
tutte le sue forze perché il suo matrimonio
non vada in frantumi.
“Eleonora gli aveva domandato come sopra
pensiero:
— Questo vestito ti piace?
Lo ritieni troppo audace?
Era seduto di fronte a lei,
già pronto per uscire. E benchè avesse l'aria di pensare a tutt'altro, in
realtà assaporava lentamente la gioia di vedere quella creatura che amava,
quella donna che era sua, andare su e giù per la camera, dall'armadio allo
specchio, prima nuda con quei suoi seni svettanti, le natiche tonde, i fianchi
flessuosi e quel vello nero, perfettamente disegnato su un dolce ventre di
fanciulla, e poi in quella sua veste nera che la fasciava così stretta tanto da
rivelare le sue forme conturbanti.
E sotto non indossava ne il
reggiseno ne le mutandine, e, nonostante quella evidente impudicizia, quando
camminava, disegnando con l'impeto del suo giovane corpo un'onda oscura che le
contrastava il passo, su quella fluente tenebra scendeva un’aria virginale
dominata da un puro candore improvviso.”
La Lettera
“Paul gli scriveva:
“Lo so che sono quindici
anni che non mi faccio vivo, ma oggi sono caduto in una di quelle ore
nostalgiche, nelle quali certi passati ricordi scendono nel fondo della nostra
memoria e accendono all’improvviso il desiderio di avere un contatto con il
trascorso. Per questo ti prego, se puoi, di raggiungermi nella mia villa di
Antibes.”
Una lettera dopo quindici
anni che non si erano più visti, ne sentiti. In treno, Victor Arsan occupò
buona parte del tempo a ricordare quella folle estate in cui avevano
corteggiato la stessa donna: Aurelie. La donna che, poi, sarebbe diventata sua
moglie.”
Su
questo inizio si sviluppa un racconto fatto di ricordi e di scoperta.
Una lettera trovata in un cassetto
fa scoprire a Victor che la moglie molti anni indietro l’ha
tradito. Ma chi ha voluto fargli scoprire quella lettera e perché? Ma,
qualunque sia stato il motivo, le conseguenze….
E’
un racconto soft, dove il sesso è appenna accennato. Un racconto intimista, piacevole e scorrevole che si legge
tutto d’un fiato.
Il Sogno
Tratto
da un racconto di Guy de Maupassant,
la LeJune ci cala in un’atmosfera misteriosa e surreale. Atmosfera
che colora con un po’ di sottile
erotismo. “Gli parve di essere, a un
tratto, in una bella città. Era Parigi; ma in quale epoca? Camminava per le
strade guardando le case, i teatri, gli edifici pubblici ed ecco, in una
piazza, vide una grande costruzione molto elegante, civettuola, attraente.
Si impressionò, perché sulla
facciata era scritto a lettere d'oro:
«Opera della morte
volontaria».”
E
andremo alla scoperta di quell’Opera della Morte Volontaria, guidati
da belle ragazze che indossano procaci divise e che non amano
sorridere.
Dall’incipit:
“Il Capitano Danrit prese i giornali che il
postino aveva portato proprio allora e se ne andò a passi lenti sulla riva
della Senna per leggerli.
Il fiume si allungava
davanti alla sua casa, senza una grinza, colorato dal sole del mattino. Era una
bella, ampia, pigra distesa di argento fuso, qua e là macchiata di porpora.
Dall'altra parte del fiume, grandi alberi disposti simmetricamente componevano
lungo tutto l’argine una verde muraglia.
Lo stupore della vita che
ricomincia ogni giorno, della vita giovane, allegra, ardente, fremeva tra le
foglie, palpitava nell'aria e vibrava sull'acqua.
All’interno del giornale,
alla terza pagina, trovò scritto: «Statistiche dei suicidi» e seppe che, in
quell'anno, più di 8500 uomini si erano uccisi.
Li vide immediatamente! Vide
quella strage orrida e volontaria di disgraziati stanchi di vivere. Vide uomini
malridotti, la mascella sfracellata, il cranio sbriciolato, il cuore traversato
da un proiettile, che morivano lentamente, soli in una squallida camera
d'albergo, dimentichi della loro ferita, con la mente rivolta alla propria
infelicità.”
Ritrovarsi
Una
donna si vendica del tradimento del marito concedendosi a
più uomini contemporaneamente e fa
in modo che il marito lo scopra, ma
la vendetta spesso è amara. E’ un racconto in cui Eleanor LeJune sa fondere spiritualità
e fisicità in un ritmo incalzante di
sensazioni che profumano e che assumono una consistenza tattile. E’ un
racconto realistico, perverso, romantico, tenero, cinico e raffinato.
“Dopo averli sfiancati per tutto il
pomeriggio, ora dormivano. Dalla porta socchiusa il respiro arrivava calmo,
uguale. Ritmo senza sussulti, tenue come un eco lontano, profondo e misterioso.
Seduta completamente nuda
davanti al tavolo della sua toilette, Eliane ascoltava. E pensava che il sonno
era benevolo per quegli uomini che più volte avevano sprizzato il loro seme nei
suoi orifizi, se così dolcemente chiudeva loro gli occhi e, forse, li faceva
sognare di possedere ancora il suo corpo, se il breve e ritmato suono del loro
respiro era interrotto ogni tanto da sospiri.
Era stato faticoso
soddisfarli quel pomeriggio. Forse tutti gli amplessi della sua vita erano
stati ugualmente faticosi, a causa della sua morale rigidamente cattolica che
le aveva impedito di vivere con serenità le fantasie sessuali che le chiedeva
il marito, ma ora sentiva la stanchezza fisica e spirituale dell'ultimo.
Pareva che il cruccio
segreto, dominato per tutta la giornata, avesse rotto i fragili argini della
sua coscienza. Avevano preteso da lei cose che non si sarebbe mai sognata di
fare e pure le aveva fatte. E, benchè la vergogna le colmasse l’anima, si era
lasciata andare ed aveva goduto, gridando a squarciagola tutto il suo piacere.
Si era così vendicata del
tradimento del marito. E, nella sua perfidia, aveva fatto sì che la sorprendesse
proprio nel culmine di quell’amplesso multiplo. No uno, ma ben quattro uomini.
Charles era entrato
nell’attimo in cui tutti e quattro stavano eiaculando sul suo corpo dopo che li
aveva stimolati con le mani, con la bocca, con l’ano e con la sua umida
fessura. L’aveva trovata in una pozza di sperma, con gli occhi dilatati dal
piacere e la voce rotta dalle urla.
Ed ora dormivano. Non si
sentiva di loro che il respiro quieto, pacificato. Non li aveva mandati via,
per affondare ancora di più la lama nel dolore del marito.
Dall'altra stanza arrivava
un rumore di passi. Ritmo sempre uguale. In quella stanza no, non sarebbe
disceso il sonno. E nemmeno nella sua, forse. Con le braccia appoggiate al
tavolo e la testa fra le mani, seguiva uno per uno gli inesorabili passi che
parevano schiacciarle il cuore.”
Le Mutandine di Pizzo Nero
Nel racconto, Le Mutandine di Pizzo Nero, forse uno
dei migliori racconti soft di Eleanor LeJune,
un intero paese si domanda di chi
siano quelle mutandine trovate nel
letto del più grande seduttore del paese. Attraverso gli occhi di una scanzonata ragazza passeremo in
rassegna tutte le miserie umane.
La figura della
protagonista del racconto è quella di una giovane donna che non si ritrae di fronte agli eventi della vita ma che, anzi, ne prende parte attiva. La
sostengono una spontanea curiosità e
il coraggio delle proprie azioni. E
benchè nella sua breve vita ha
conosciuto la passione, la povertà, gli eccessi della gioventù, la disillusione
e la certezza di un mondo che sta crollando, pure continua
a sognare e sperare, e attraverso i suoi sogni e le sue speranze si torna a
sorridere.
“Ma s'avvicinavano i
signori Lefavre. Una coppia strana. La donna era alta un palmo di più di suo
marito, il quale rideva sempre, mentre la moglie aveva sempre un’aria schifata.
La loro vita in comune doveva essere delle più insopportabili. Ma quel giorno,
miracolo, li vedeva a braccetto. Con Janine si conoscevano appena. Tuttavia si
salutarono. E l’uomo non mancò di infilare il suo sguardo nell’ombra della sua
gonna.
— Certamente lei sa
già la questione... — le disse con tono cortese il signor Lefavre.
— Sì, m'hanno riferito
che un tale ha scacciato la moglie...
— Leblanc. La cosa è
venuta a galla perchè la signora Leblanc ha dimenticato le sue mutandine di
pizzo nero nell'appartamento da scapolo del signor Bouget... Ed ecco che la
cameriera del signor Bouget, il giorno dopo, ha riportato a casa di lei le
mutandine... e così c'è voluto poco a capire...
— Povero Leblanc! —
disse Janine, tanto per dir qualcosa.”
Il Mediocre
Nel racconto, Il Mediocre, un uomo comune, ne bello, ne affascinate, che si è chiesto per tutta
la vita perché sua moglie, una
bellissima e straordinaria donna,
l’abbia sposato, verrà a saperlo casualmente da un suo amico da poco rientrato dall’estero.
E’ un racconto soft
dall’ironia graffiante, dal sarcasmo feroce. E’ un racconto dalle connotazioni tutte
particolari, in cui all’intreccio e
all’intrigo, alla trama e allo sviluppo della stessa e al colpo
di scena finale, si affianca un’accuratezza
di scrittura che lo valorizza
enormemente.
“Isabelle gli aveva
domandato come sopra pensiero:
— Questa acconciatura
dei capelli ti piace? Sta bene così?
Alain si meravigliò.
Era la prima volta, dopo quattro anni di matrimonio che gli chiedeva un parere
sulla sua toelette.
Era seduto di fronte a
lei, e non potè fare a meno di ammirarla ancora una volta. Sorrideva appena,
una creatura in perfetto equilibrio, affrancata da qualsiasi pensiero. Alain
pensò che in vita sua, Isabelle non doveva aver avuto mai un problema.
Indossava un elegante
tailleur sopra una camicetta bianca, trasparente che lasciava intravedere i
rosei capezzoli. Sua moglie non indossava mai il reggiseno e d’altronde,
perché? Il suo seno era perfetto.
Lo spacco della gonna
saliva su in alto, sin quasi alla vita, e lasciava indovinare come ella non
avesse indossato le mutandine. Una tenuta audace, quasi da donna di strada, ma
Isabelle era fatta così. Alain si chiese se lo tradisse, ma non seppe darsi una
risposta. Sino a quel giorno non gli aveva mai dato un motivo per dubitarne.
Dopo un silenzio,
involontario, e quasi senza posare gli occhi sui suoi capelli, rispose:
— Sì, ti sta bene,
certo.
Ma dentro di lui si
era già domandato, e di quella domanda era pieno il silenzio che aveva
preceduto le sue parole: Perchè, perchè si veste così?”
La Tombale
La LeJune sperimenta il racconto dell’orrore fuso con quello
erotico. Trae spunto da un racconto
di Guy de Maupassant: Le Tombali.
Se nel racconto originale si parla
di amore tra le tombe di un cimitero, nel racconto
della LeJune si parla di una vampira che cerca le sue vittime nel cimitero di Montmartre.
“L’ultima a parlare fu Josephine de Bardon,
una dei più gaie e spregiudicate di loro. Era famosa in tutta Parigi per aver
fatto godere in una sola notte più di venti uomini. Li aveva suddivisi in
quattro gruppi, e, a turno di cinque alla volta, si era fatta possedere,
facendoli godere simultaneamente con la sua bocca, il suo ano, la sua vagina e
le sue due mani. Un vero capolavoro. Voler fare un elenco dei suoi amanti
sarebbe stata cosa impossibile a lei stessa.
Non si era mai sposata, per
intima convinzione sull’inutilità del matrimonio, ma non si considerava una
scapestrata, né una depravata, ma una curiosa, una donna giovane e dagli appetiti
sessuali irrefrenabili. Se un uomo le piaceva non tardava a sedurlo per poi
scaricarlo subito dopo.
Donna di mondo nel senso più
vasto e benevolo che possa avere questa definizione, spiritosa, profonda
pensatrice, colta, oltre l’immaginabile, di agile comprensione interiore,
traeva le sue analisi da ciò che aveva visto e vissuto o in cui s'era
imbattuta: storie audaci dal sapore romanzesco, qualche volta buffe e
filosofiche, riflessioni sarcastiche che le avevano fatto avere una gran fama
di intelligenza in tutta la città.
Quella sera era stata
designata quale ultima oratrice. E già tutte pregustavano la storia che avrebbe
loro proposta. Anche quella volta cominciò a raccontare senza indugi.”
Alphonsine
Racconto ironico che ci mostra come a volte una facciata di trasgressione sia solo,
appunto, una facciata. Alphonsine presa dal fascino della sfida che le ha lanciato
il suo amante si lascia andare ad un
gioco erotico che spera possa
spezzare la monotonia della sua vita
borghese. L’aspetta una sorpresa imprevista. In compenso l’avventura che vivrà avrà il dono dell’Illuminazione. Il potere
finalmente vedere al fondo di se stessa, approdando, parzialmente e
felicemente, alla conoscenza.
Anche
in questo racconto la LeJune sa unire l’erotico all’idilliaco,
la descrizione hard a quella dei sentimenti.
“La giornata d'aprile era mite e lucente, e
Alphonsine, abbandonandosi, nel giardino della propria abitazione, al felice
inganno delle forze recuperate, andava valutando, con una ponderazione nella
quale si insinuava tuttavia ancora un po' di languore, le varie attrattive di
un nuovo incontro.
Le piaceva quel tanto di
sapore di meridione che si poteva gustare in quell’uomo del settentrione, le
piacevano i suoi modi rudi e sicuri, le piaceva il modo in cui la possedeva.
Le parole sei una gran troia
le erano suonate a tutta prima fuori luogo, ma, poi, dopo che lei gli aveva
concesso tutto, dopo che lei si era comportata come non aveva mai fatto in vita
sua, non le trovava più fuori luogo.
Quell’uomo aveva risvegliato
in lei desideri che nemmeno il suo subconscio aveva mai manifestato.”
Henriette: Tre volte tre
In un’atmosfera da Belle Epoque, Henriette,
la tenutaria di un bordello di lusso, coadiuvata dalle sue
più carissime amiche, intrattiene clienti di lusso. Una sera, sia per
conquistare una sua amica sia per
sfatare un mito, si concede un rapporto a tre con l’attempato Duca di Bergerac.
Racconto squisito, venato di umorismo, che unisce all’hard il gusto della
descrizione, del particolare,
basti osservarne l’incipit:
“Cadeva una foglia che
sembrava tinta di sole, perché nel cadere aveva la iridescenza d'una farfalla:
ma appena giunta a terra si confuse con l'ombra già morta. Era bastato un
fruscio per scuotere tutto l'albero che cominciava a lamentarsi. D'albero in
albero il lamento si estese; tutto il frutteto era agitato e sembrava non vi
fosse il vento a scuoterlo, ma una forza interna, un'angoscia mista a rivolta.
Giù tutte le foglie! Era inutile tenerle quando non erano più parte viva del
ramo: e con le foglie cadeva anche qualche frutto. La pigna si spaccava ed i
pignoli si staccavano e cadevano.
Henriette richiuse la
finestra ed osservò il giovane negro che, completamente nudo, dormiva ancora……………”
L’Evoluzione di Claire
Claire abbandonata dal marito e reduce da una relazione sentimentale che, se da una
parte l’ha delusa sul piano sentimentale,
dall’altro le ha fatto conoscere le potenzialità
della propria sessualità. Se prima Claire
si concedeva solo all’uomo che
amava, ora si concede solo per il suo gusto e la soddisfazione dei propri
sensi. E tutto ciò lo scopre con Jean
Dumenville, un suo conoscente
dalla fama di sfrenato libertino.
Un racconto che è la cronaca di una resa ad
un nuovo tipo d’amore, che si
sviluppa con ironia sotterranea e sensibilità stilistica.
E
tramite questo breve brano che
riportiamo, scopriamo ancora una volta come la LeJune riesca a fondere
l’idilliaco con l’erotico.
“Una nuova speranza si faceva largo in lei.
E, come per incanto, scoprì che quel giorno la natura rispecchiava la sua
anima.
Gettò uno sguardo sul calmo
paesaggio primaverile, su quella terra che non è ancora marittima e non è più
alpestre, ma ha della vicina montagna la glauca ombra delle conifere e del
mare, non lontano, la blanda mitezza del cielo che le sovrasta.
I colli appena ondulati che
allacciano e confondono dolcemente gli estremi anelli di due catene di monti,
si delineavano sul prossimo orizzonte e lo costringevano in una specie di
anfiteatro vegetale digradante più e più verso una ristretta pianura tutta
fresca e verde.
Nel sereno pomeriggio ancora
tepido si intorpidivano all'ultimo sole i pascoli bassi e i campi bruni arati
di fresco, s'accendevano di bagliori rossi le lunghe vigne che fasciavano i
piedi dei poggi, frusciavano appena sui loro fianchi i boschi espansi di
castagni, ma sulle vette i foschi pini s'irrigidivano puntandosi al cielo,
nella loro dura austerità di begli alberi puri ed immutabili.
Avvezzo alle linee discrete
ed ai festosi colori di quel paesaggio, ch'era stato tanto familiare alla sua
fanciullezza, Claire lo amava e lo comprendeva come un volto d'amico fidato e
fiducioso, sentendosi confusamente lieta, pure in mezzo a quella sua
indefinibile ansia.
Guardò nel riflesso dello
specchio che stava dietro di sé, il dorso, la vita, le reni. La lunga linea
degradante delle anche e della natiche che presto avrebbero riacquistato calore
e pienezza. Una nuova sensualità le avrebbe riscaldato il sangue e rinfrescato
l'intero essere.
Dopo l’esperienza avuta con
Jean-Pierre, pensava che la migliore parte del suo corpo fosse proprio quella
curva scemante che dalle anche arrivava all'incavo della schiena, alla
sonnacchiosa e immota rotondità delle natiche, piccole colline morbide e
declinanti in lungo pendio. La vita indugiava lì.
Compiacendosi con se stessa,
si disse che avrebbe accettato l’invito di Jean Dumeville.”
La Vergine
Nel
loro eterno gioco erotico Jean-David sfida Eleanor a trovarle una
vergine da traviare. Eleanor
riuscirà nella sua impresa, ma sia lui che sua moglie avranno una sorpresa. Questo è il più debole dei racconti della LeJune. Scorrevole, piacevole, manca
però, a mio modesto parere di quella verve
sotterranea che si avverte negli altri
racconti. Inoltre è privo di
introspezione. Ciò non toglie che sia leggibile e da porsi su una media
accettabile.
“La ragazza è già in tenuta da tennis e gioca
con il maestro. C'è una fila di panchine subito al di là del campo e Eleanor vi
si siede. Poi, per la prima volta, guarda bene la giovane atleta.
La bellezza di lei la sbalordisce.
Alta, slanciata, dalla pelle delicatissima,
d’un bianco leggermente roseo, leggera e flessuosa come una ballerina, vede che
ha gli occhi nocciola, dal taglio perfetto, d’una tinta indefinibile che hanno
dei lampi d’acciaio brunito, cosi scuri che può distinguerne il colore da dove
siede. I capelli sono biondi e fini, lunghi. Le arrivano alle reni e quando
corre e deve sporgersi per un colpo schiacciato o un colpo piazzato, si
spandono al vento come un manto. Belli, eterei, meravigliosi, pieni di luce e
di riflessi. Allora li spinge indietro con un movimento scattante del capo.
I lineamenti sono purissimi e quasi
infantili. La bocca è perfetta, matura e mobile, rosea sul viso lievemente
abbronzato. Gli zigomi li ha appena lievemente pronunciati e alti.
Nessun pittore potrebbe sperare di
riprodurre lo speciale fascino di quella bellezza, il lampeggiare degli occhi,
i mille piccoli graziosi particolari che, in se stessi indescrivibili,
completano quella femminile perfezione.
Si muove sul campo con una grazia squisita.
Le gambe sono lunghe e superbe, straordinariamente formate, con curve sensuali;
la pelle è liscia e levigata, setosa, brillante, rara da trovare.
La morbida maestà di quelle forme senza
difetti irradia un caldo splendore di colori indescrivibili.
I suoi seni sono colmi di rigogliosa
delicatezza, I suoi fianchi oscuri di mistero.
Una bellezza che, comunque, Eleanor
percepisce non essere soltanto superficiale.
Vede che gioca bene al tennis... in modo
superbo. La battuta è potente, e i colpi piazzati precisi. Abile e forte nel
diritto, riesce bene anche nel rovescio. Sa come schiacciare una palla alta,
piazzare i colpi con scaltrezza e spesso sorprende il suo maestro.
La ragazza l’ha notata. Di quando in quando,
le scocca un'occhiata. E, se incrocia il suo sguardo, volta rapidamente la
testa.”
Patrizia -
Controluce
Questo
non è un vero e proprio racconto. E’
un flash erotico, un flash erotico piacevole e sensuale che
coglie un attimo di vita che spesso
molti di noi hanno vissuto: il voyeurismo.
E questo voyeurismo è reso in modo
magistrale: Patrizia attende un istante,
poi con tutta calma si accosta all'interruttore e spenge il lampadario
centrale, lasciando acceso soltanto il lume posato sul comodino da notte, che
irradia una luce fioca, calda e soffusa. Infine si stira voluttuosamente e si
toglie il pullover. E’ il momento di intrattenere piacevolmente il dirimpettaio
di casa che, come ogni sera, la spia sino a quando lei spenge tutte le luci.
Irma – Il Ballo in Maschera
Racconto ermetico, surreale, difficile da interpretare e, per questo, ricco di fascino. E’ un
racconto che si svolge in un immaginario
paese ove per tutto l’anno segue rigide
regole di moralismo, ma che a Carnevale,
durante il veglione, permette ogni genere di depravazione sessuale.
Qui il giovane Lelio Fornari chiede
ad un’aristocratica, chiamata la Principessa, di fargli vedere il
seno. La donna senza esitare
obbedisce. Da questo antefatto si
sviluppa la storia che trova
ispirazione da Oro, Incenso e Mirra di
Alfredo Oriani e da Doppio Sogno di Arthur Schnitzler, da cui è stato tratto il film Eyes Wide Shut con Nicole Kidman.
E’ un racconto
dai colori barocchi che, citando la
seconda di copertina di Doppio Sogno, edito da Adelphi nel 1977, cala il protagonista della storia “in un intreccio speculare di peripezie
notturne tanto inverosimili da sembrare oniriche e di fatti invadenti da
sembrare sogni”
E’ la storia di un desiderio insoddisfatto,
la fascinazione di una ricerca irrealizzata tra inquetanti personaggi alla ricerca di un piacere effimero. Così l’incipit del racconto:
“- Stavo ammirando il vostro seno.
Ella abbassò lo sguardo sull’audace
scollatura. Si intravedeva il principio dei capezzoli, d’un rosa chiaro,
delicato.
- Sarebbe troppo chiedervi di farmeli
ammirare?
La donna abbassò lo scollo dell’abito e si
aprì il corpetto.
- Grazie, principessa.
- Mi avete riconosciuta? - domandò con un
tremito nella voce sottile, abbassando vezzosamente il volto sotto il
mascherino per guardare il corpetto che teneva ancora slacciato.
- Talento di seduttore! - l'altro replicò,
mentre il gruppo delle maschere si scioglieva come per incanto a quel nome di
principessa.”
Aurore: Un
pomeriggio dimenticato
E’
la storia asciutta di una sottomissione. Il plagio di una giovane ragazza. Una esperienza sessuale allucinante che viene accettata in silenzio. Racconto che può sembrare banale, ma
che invece non lo è. Nella sua semplicità ci riporta l’eterno meccanismo della persona
adulta che si approfitta di una giovane
e debole, alle sue prime esperienze
sessuali. E’ la bravura della LeJune
sta proprio nel saper fondere la
narrazione di quanto appena detto con i
contenuti del racconto hard. E ci riesce benissimo.
“Era un episodio che aveva rimosso dalla sua
memoria, ma la recente avventura vissuta nella casa di suo cugino José Pierre,
glielo aveva fatto tornare alla mente. Aveva appena superato dell’esame delle
superiori e si apprestava a iscriversi all’Università.
Era un pomeriggio d’autunno.
Il cielo era tutto sereno. Mano mano che il sole si abbassava verso i monti, si
vedeva la sua luce scendere, come ritirandosi rapidamente, giù per i pendii e
nella valle. Un vento autunnale, staccando dai rami le foglie appassite, le
portava a cadere lungo i viali. Nelle vigne, sui tralci ancora tesi, brillavano
le foglie rosseggianti a varie tinte.
Era triste e non sapeva
perché. Era innamorata di suo cugino, più vecchio di lei di quindici anni e
avrebbe voluto che lui si accorgesse di lei, ma lui la trattava come una
bambina, guardandola a malapena e non facendole mai un complimento. Eppure,
sapeva di essere bella.
Tutto questo sino a poche
ore prima, quando, entrando nella sua camera da letto senza bussare, l’aveva
sorpresa nuda mentre si accingeva a vestirsi dopo un bagno.
Non aveva detto niente. Si
era avvicinato, le aveva baciato le labbra dolcemente, le aveva accarezzato i
seni, poi, con la stessa dolcezza con cui aveva baciato le sue labbra le aveva
succhiato i capezzoli. Le punte dei suoi seni si erano fatte dure e turgide.
Si era limitato a questo.
Non le aveva accarezzato i glutei, non le aveva infilato una mano nella fessura
che si era fatta umida, non aveva fatto altro.
Uscendo aveva ordinato:
— Ti aspetto domani
pomeriggio nella mia casa di città.
Il tono era perentorio, non
ammetteva repliche.”
Consigli ai Seduttori
Tratto
da un racconto di Anton Cechov è il piacevole resoconto di come si possa sedurre una donna tramite suo marito.
“L’alba li sorprese sfatti in un ampio letto
odorante di vulva e sperma. Fu allora che Claudine lanciò una nuova sfida:
- Tu sai Alan che la moglie
di Lucas è imprendibile. Per quanti ci hanno tentato tanti sono stati i
fallimenti. Ora, vorremmo che tu ci provassi.
Alain Servadac sorrise.
- Io ci ho già provato e
sono riuscito nell’impresa.
Claudine, introducendosi di
nuovo la verga dell’amico in bocca, lo invitò a raccontare.
- Mia cara Claudine, è un
sistema semplice. È il sistema più sottile, più perfido e pericoloso per i
mariti. Lo può comprendere solo un buon conoscitore dell’animo femminile.
Anzitutto, conditio sine qua non, è la pazienza, soprattutto la pazienza. Chi
non sa aspettare è meglio che rinunci ad adottarlo. Con questo sistema, un
uomo, per impadronirsi della moglie di qualcuno, deve tenersi il più possibile
lontano da lei, deve cessare di frequentarla, incontrarsi con lei il più
raramente possibile e rinunciare al piacere della sua conversazione. Egli deve
agire a distanza, lei non deve vederlo, ma deve sentirlo come la lepre sente lo
sguardo del cacciatore. Egli però non la può ipnotizzate con lo sguardo, ma col
veleno della sua lingua, ed il miglior filo conduttore per tutto ciò sarà
proprio il marito. Ad esempio: io mi innamoro della signora X, e voglio farla
mia. Da qualche parte, al circolo o al teatro incontro suo marito: Come sta la
tua signora? — gli chiedo fra l'altro. — Che donna deliziosa, te lo garantisco,
essa mi piace terribilmente! Il diavolo sa quanto mi piace!”
Il Professore di Belle Lettere
Tratto
da un racconto di Anton Cechov è il resoconto di un equivoco. Un equivoco che porta a svelare un segreto da parte di chi il segreto vorrebbe non fosse tale. La LeJune sa fondere l’erotismo con l’introspezione psicologica del protagonista. Il racconto del Cechov si colora così di sensualità, rendendo viva una banale situazione.
“Sergio Kapitonovic Ahinejev, professore di
calligrafia, festeggiava il fidanzamento della propria figlia Natalia con Ivan
Petrovic Losciadihin, professore di storia e di geografia. Nel salone si
pranzava, cantava, danzava e suonava.
Quando scoccò la mezzanotte,
il padrone di casa si recò in cucina per vedere se tutto fosse pronto per la
cena. La cucina era tutta impregnata di un gustoso odore che si alzava
dall'arrosto dei tacchini e da altri numerosi piatti. Attorno alla tavola si
muoveva Marta, la cuoca.
Costei era una bella donna.
Certo non raffinata, un po’ in carne e goffa nei movimenti, ma con due
splendidi occhi neri, una pelle alabastrina, due labbra rosse, carnose,
sensuali, un seno ampio e voluttuoso e fianchi ben proporzionati con il resto
del corpo.
Era stata assunta pochi mesi
prima su segnalazione di una amica della moglie.
— Fammi vedere lo storione,
Marta — le disse Ahinejev.
Con cautela, Marta sollevò
un foglio di carta unta d'olio e sotto di esso apparve, in un lungo piatto, un
grosso storione adorno di maionese.
Ahinejev guardò il pesce e
giù occhi gli brillarono d'ingordigia. Strinse le labbra, poi diede uno
schiocco. Rimase ancora un attimo in ammirazione, poi schioccò di nuovo le
labbra.
In quel frattempo il suo
sguardo aveva avuto modo di posarsi anche sul seno della donna che si sollevava
ritmicamente al suo respiro affannoso.
— Ohi Ma questo è il suono
di un ardente bacio! Con chi mai ti stai sollazzando, Marta? — fece una voce
dall'altra stanza, e la testa calva del supplente Vanitin apparve nel vano
della porta. — Ma questi è il nostro Sergio Kapitonovic!... Ma bravo!”
La Moglie che ci vuole
Tratto
da un racconto di Anton Cechov è la storia di un matrimonio combinato. Racconto umoristico ed intriso di erotismo.
La LeJune sa rendere con sottile erotismo le armi seduttive delle donne:
“Macchinalmente la paraninfa prese il
bicchierino e lo ingurgitò d'un fiato, senza batter ciglio.
Si portò una mano alla
camicetta come per abbottonarla, limitandosi solo ad accostarne i lembi. In
realtà aveva avvertito che Stytchtine la stava fissando proprio in quel punto.
Aprì quindi la mano rimettendo in vista la sommità delle mammelle candide e
marmoree solcate da sottilissime vene azzurrine.
Stytchtine pensò che aveva
un seno magnifico. Chissà che tipo di aureola aveva. Piccole e ben disegnate o
larghe e scure. Stytchtine provò un forte desiderio di denudarle il seno. Era
indubbiamente una donna bella e raffinata. Portava i capelli corti che ben si
intonavano ai suoi enormi occhi azzurri, al volto magro dagli zigomi alti, al
corpo elegante, flessuoso, ben delineato dalle gambe lunghissime e dalle
natiche nervose.”
Il Viaggiatore di Prima Classe
Da
un racconto di Anton Cechov. E’ il racconto dell’iniziazione all’amore di un
giovane e povero scrittore da
parte di una bella donna, dal forte
carattere.
“Uno scompartimento di prima classe.
Sul divano ricoperto di
velluto rosso, una giovane e graziosa signora sta mezza sdraiata. Ha le gambe
lunghe che spuntano da una gonna che a malapena le ricopre l’inguine e che
terminano in un paio di stivali di pelle leggera, aderentissima. Con quegli
stivali, con il suo sguardo vacuo e leggero, con le sue gambe impudicamente
mostrate, sembra una venere nascente dalle acque.
Di fronte a lei sull'altro
divano è seduto un giovane scrittore i cui racconti, o meglio detto «novelle»
come egli ama chiamarle, ambientate nelle alte sfere della società, vengono
pubblicate dai giornali provinciali.
Egli la fissa in viso con lo
sguardo di un conoscitore. Osserva, scruta questo carattere eccentrico ed
enigmatico, lo comprende, lo afferra. Invano egli cerca di capire se la donna
indossa le mutandine. Nonostante la gonna sia corta, non lo è abbastanza.”