venerdì 15 agosto 2014

La Signora dalla Mannaia: Le Indagini Segrete di Gabriele D'Annunzio

La Signora dalla Mannaia: Le Indagini Segrete di Gabriele D'Annunzio


Descrizione prodotto
Sinossi
Orribili delitti seriali stanno avvenendo a Roma. Giovani donne vengono rapite, torturate e poi uccise con un colpo di mannaia in testa. Chi è che compie questi delitti e perché? Gabriele D’Annunzio, a seguito del rapimento della sua amante Eleonora Danieli è costretto ad indagare per salvare l’amata dal settimo colpo di mannaia. Ed egli, con la semplice logica del ragionamento, riesce a districare una terribile e oscura vicenda.
eBook adatto ad un pubblico adulto.
Trattasi di un romanzo breve di 26 pagine.



Estratto da La Signora dalla Mannaia


A volte si parla di un avvenimento che si pensa lontano da noi, ma poi il caso fa sì che ci si piombi dentro.
Il giorno del funerale della povera signorina Ennagret Ziegler, governante presso la famiglia Gusberti di Anzio, il tempo era umido e freddo, il portico, l'andito, la portineria, la scala furono fin dalle prime ore pieni di gente accorsa a rendere omaggio a quella povera ragazza che, lontana dalla sua patria, aveva trovato una così orribile morte.
Il signor Antonino, per mettere un argine ai mendicanti veri e falsi, che accorrono ai funerali come i mosconi sullo zucchero, ordinò che si chiudesse un battente della porta e vi piantò due guardie della Questura.
La giovane e bella governante era troppo conosciuta da quelle parti, perché la notizia della sua morte non avesse a tirar gente dalle più lontane case del Borgo, nonché una folla di curiosi attratti dalla tragicità della morte.
Verso le dieci in Anzio si stentava a passare tanta era la folla. Non mancava nessuno. I parenti, le due sorelle arrivate dalla Germania, i signori Gusberti, i parenti dei Gusberti, gli amici, i curiosi, venuti chi per interesse, chi per pietà, chi per dovere chi solo per vedere.
I Gusberti, gente benestante, vestivano in nero e affettavano una certa preminenza, perché la morta era la loro governante. Pareva quasi che se ne vantassero. Le due sorelle tedesche invece si comportavano più dimessamente.
Il signor Antonino Gusberti, bello e sbarbato, in abito nero, col cilindro fasciato a lutto, faceva gli onori di casa, tra l'anticamera, l'uscio e il pianerottolo, stringendo la mano ai parenti di riguardo, salutando con la mano in aria i più poveri, alzando le spalle, ritraendo il capo, socchiudendo gli occhi a quell'espressione politica e filosofica, che tradotta in parole verrebbe a dire: «Che dobbiamo farci
In un angolo, la signora Margherita Gusberti, sorella di Antonino, maritata all'impresario Maurizio Bezzola, sotto un gran cappello alla don Carlos, richiamava ancora gli occhi della gente con la sua bellezza teatrale, che né i quarant'anni sonati, né le ciprie del palcoscenico avevano potuto cancellare dalla sua faccia larga e matronale di Norma.
Il cavaliere suo marito, glorioso avanzo d'una mezza dozzina di fallimenti, dominava anche lui con le spalle e con la voce baritonale, d'un sonoro accento toscano, con cui seguitava a brontolare contro la folla dei mendicanti, come se avesse pagato il posto e il diritto di brontolare.
Eleonora Danieli che era amica della signor Gusberti era giuntà lì insieme al suo amante Gabriele D’Annunzio.
Osservando con attenzione i preti che cominciavano a brontolare orazioni, disse:
Questa è la sesta vittima, se non sbaglio?
Non sbagliate, mia cara, — le rispose D’Annunzio.
Era uno degli avvenimenti più intricati in cui si fossero imbattuti.
Nello spazio di diciotto mesi erano state assasinate sette donne di condizioni diverse, dai venti ai trenta anni, dimoranti a Roma o nel territorio romano.
D’Annunzio ricordava perfettamente i nomi delle prime cinque vittime: signora Landini, moglie di un medico, signorina Ardenti figlia di un banchiere, signorina Comaschi, lavandaia, signorina Ernestha Vernaschi, sarta, e signorina Grillandi, artista pittrice.
Queste cinque donne erano scomparse senza che fosse possibile raccogliere un solo particolare che spiegasse perchè erano uscite dalle loro case, perchè non vi erano tornate, chi le aveva attirate fuori e come erano state trattenute.
Otto giorni dopo la loro scomparsa, si ritrovava ciascuna di esse in un punto qualsiasi della periferia occidentale di Roma, ed ogni volta era un cadavere che si ritrovava, il cadavere di una donna colpita alla testa con un colpo di mannaia.
Ed ogni volta, accanto a quella donna legata solidamente, il viso inondato di sangue, il corpo dimagrito per la mancanza di nutrimento, delle tracce di ruote dimostravano che il cadavere era stato trasportato in quel posto da una vettura
L'analogia dei cinque delitti era tale che vi era stata una sola istruttoria che aveva riunito le indagini sui cinque assassini, le quali, del resto, non avevano portato a nessun risultato. Ogni volta che vi era la scomparsa di una donna, la scoperta del suo cadavere avveniva esattamente otto giorni dopo.
Le corde usate per legare le vittime erano identiche. Identiche pure le tracce lasciate dalle ruote, identici i colpi di mannaia, tutti assestati al disopra della fronte, proprio al centro della testa e verticalmente.
Quale era il movente?
Le cinque donne erano state completamente spogliate dei loro gioielli, portamonete e oggetti di valore. Ma si poteva ugualmente attribuire il furto a dei malviventi o a dei passanti, poiché i cadaveri giacevano in località deserte. Nessuna di loro portava segni di violenza sessuale.
Bisognava supporre l'esecuzione di un piano di vendetta oppure di un piano, destinato a far sparire una serie di persone, che avessero vincoli tra loro, e avessero diritto, per esempio, a una futura eredità?
Anche su questo punto tutto era tenebre.
Si costruivano delle ipotesi che immediatamente erano distrutte dall'esame dei fatti. Si seguivano delle piste che subito venivano abbandonate.
E bruscamente vi era stata una sorpresa teatrale.
Una spazzina aveva raccolto su un marciapiedi un taccuino che aveva consegnato al vicino Commissariato.
Tutti i fogli di quel taccuino erano bianchi, tranne uno su cui era la lista delle donne assassinate, lista compilata secondo l'ordine cronologico, e i cui nomi erano accompagnati da numeri, Landini 132, Vernaschi 118, ecc.
Era probabile che non si desse molta importanza a quelle righe, che il primo venuto poteva aver scritto, poiché tutti conoscevano la funerea lista. Ma invece di cinque nomi nel taccuino ve ne erano sei.
Sì, al disotto del cognome Orsomandi 128, si leggeva: Ziegler 114.
Era quella la rivelazione di un sesto assassinio? Purtroppo sì. L'origine evidentemente tedesca del nome restringeva il campo delle indagini che, infatti, furono rapide. Si era stabilito che quindici giorni prima una certa signorina Ennagret Ziegler, governante presso una famiglia di Anzio, aveva lasciato il suo posto per ritornare in Germania, e che, da allora, le sue sorelle, benché avvertite per lettera del suo prossimo arrivo, non avevano più sentito parlare di lei.
Nuove indagini, poi un fattorino postale aveva ritrovato il cadavere nel parco di Villa Ada. La signorina Ziegler aveva il cranio spaccato nel mezzo.
I tetri pensieri di Gabriele D’Annunzio furono sviati dal corteo funebre che, infilato l'androne della porta aveva piegato a sinistra e si era disteso come una vera biscia lungo il via Agrippina, verso la parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù.
Nel via vai delle vetture, dei carri, dei tram, della folla che brulicava in quel popoloso quartiere, il funerale si allungò nel sudicio della strada, dove le pozzanghere d’acqua rendevano quasi impraticabile la strada.
 La gente che si arrestava a guardare un poco, sbadatamente, a questo fatto così comune del morto che passa, non suscitava altro se non il fastidio di aspettare. Quindi la folla si rimescolava e seguitava a scorrere nel declivio dolce e potente della vita.
D’Annunzio tornò con il pensiero al taccuino che tanta emozione aveva creato nel pubblico in quell'occasione e di quale fremito d'orrore aveva causato la lettura di quella lista, tracciata certamente dalla mano stessa dell'assassino..
Che si può immaginare di più spaventoso di una simile contabilità, tenuta a giorno come il registro di un buon commerciante? Il giorno tale ho ucciso questa, il giorno tal altro ho ucciso quell'altra. E, come risultato dell'addizione: sei cadaveri.
Contro ogni aspettativa i periti e i grafologi non avevano stentato a mettersi d'accordo, e avevano dichiarato all'unanimità che la calligrafìa apparteneva a una donna, a una donna istruita, fornita di gusto artistico, di fantasia, e di una estrema sensibilità.
La «Signora della Mannaia», come i giornali avevano preso a chiamarla, certamente non era una donna qualunque, e migliaia di articoli avevano studiato il suo caso, esponendo la sua psicologia, e si perdettero in bizzarre spiegazioni.
Tuttavia, fu l'autore di uno degli articoli — un giovine giornalista che per la sua scoperta fece rapida carriera — il quale recò il solo elemento di verità e lanciò in quelle tenebre la sola luce capace di attraversarla.
Poiché cercava di trovare un senso alle cifre collocate alla destra dei sei nomi, egli era stato indotto a domandarsi se per caso quelle cifre non rappresentassero semplicemente il numero dei giorni che separavano i delitti l'uno dall'altro.
Bastava verificare le date.
Immediatamente era stata constatata l'esattezza della sua ipotesi. La scomparsa della signorina Vernaschi era avvenuta 132 giorni dopo quella della signora Landini, quella di Ermminia Comaschi 118 giorni dopo quella della signorina Vernaschi.
Dunque, non era possibile esitare, e la giustizia non potè non tener conto di una soluzione che si adattava con tanta esattezza alle circostanze. Le cifre corrispondevano agli intervalli.
Ma, a quel punto, sorse un'osservazione.
La signorina Ziegler era stata l'ultima vittima. Era stata rapita il 26 di giugno, e poiché il suo nome era accompagnato dal numero 114, non si doveva ammettere che un'altra aggressione sarebbe avvenuta 114 giorni dopo, ossia il 18 ottobre?
Non si doveva credere che l'orribile bisogna si sarebbe ripetuta secondo la volontà segreta dell'assassina? Non era lecito spingersi fino all'estremo dell'argomentazione che attribuiva alle cifre, a tutte le cifre, alle ultime come alle prime, il valore di date fatali?

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