L'Inganno: Le Indagini Segrete di Gabriele D'Annunzio
Descrizione
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Sinossi
Roma agli inizi del 900. Il giovane
Giacomo Auteri è stato condannato all’ergastolo e sta per entrare
definitivamente a Regina Coeli. L’ingresso in quel carcere,
noto per le condizioni disumane in cui vivono i detenuti,
equivale ad una morte certa.
Gabriele D’Annunzio decide di interessarsi al caso, sia per la sua
innata curiosità ma soprattutto per la bellezza della moglie di
Giacomo Auteri, Rosa Auteri. Si reca quindi dalla donna e le
propone di salvare suo marito a patto che: Se dovessi dimostrare l’innocenza di vostro marito sareste disposta a
passare una giornata in mia compagnia e a fare tutto quello che vi chiederò?
La donna,
indignata, accetta. Ed ancora una volta Gabriele D’Annunzio con un’abilità
diabolica risolve un caso grazie solo alle sue intuizioni e alla sua
sagace intelligenza.
Il prezzo dell'eBook è
riferito solo alle 49 pagine del romanzo breve L'Inganno. Romanzo
adatto ad un pubblico adulto.
Estratto da L’Inganno
Quando Rosa Auteri si sveglia si accorge di essere
madida di sudore. Ancora una volta, come tutte le altri notti, da quando hanno
arrestato suo marito, ha fatto lo stesso sogno.
Nel buio della stanza, dalle imposte, non filtra nemmeno un
raggio di luce. Deve ancora essere notte fonda. Decide di non alzarsi e
sdraiata cerca di riordinare i suoi pensieri. Soprattutto cerca di ricordare il
sogno, convinta che abbia attinenza con la realtà che la sta angosciando in
quei giorni tristi.
Un sogno che le ricorda vagamente un episodio successo tanti
anni prima e di cui non riesce a mettere a fuoco, con nitidezza, gli
avvenimenti e le persone. Ricorda che era un pomeriggio d’agosto, afoso, il cui
caldo opprimente invece di inibire il suo sistema intellettivo lo eccitava
facendolo lavorare più del solito.
Nel pomeriggio le era giunta una lettera. Una lettera
d’amore da parte di qualcuno che conosceva da poco e che, per motivi che
ora le sfuggono, l’aveva interessata. A quell’epoca, cinque, dieci anni prima,
non sa, non ricorda, amava già suo marito e mai e poi mai lo avrebbe
tradito.
Ma quella lettera l’aveva colpita in quanto l’autore
era un giovane riservato che in sua presenza si era intimidito al punto
che egli non aveva saputo più parlare. Aveva volto intorno i suoi grandi occhi
di ragazzo impaurito, come se cogliesse per la prima volta una realtà
che lo trovava impreparato.
E piena di paure era anche la sua lettera. Rosa Auteri
non ne ricorda il contenuto, ma intuisce che quello scritto l’aveva in qualche
modo turbata. Si vede intenta a leggere il suo contenuto quando nel vano della
porta s'affacciò Giacomo, suo marito, e le disse che doveva recarsi in
Comune per il disbrigo di una pratica. Sarebbe stato fuori due, tre ore al
massimo. Entrò, le diede un bacio in fretta, se ne andò.
Fuori il sole inondava tutta la piazza, batteva implacabile
sulla facciata della casa. Il caldo la opprimeva ed ella si era slacciata la
camicetta. Quel giorno non aveva indossato il reggiseno, non per civetteria, ma
solo perché con quel caldo snervante le avrebbe dato noia.
Dalla finestra della stanza entravano i rumori del cortile:
strilli di bimbi, voci di donne. E quei rumori si confondevano col silenzio
cupo dei suoi pensieri. Ora ricorda. Poche settimane ancora e si sarebbe
sposata.
Aveva conosciuto da poco Giacomo. Egli aveva venti
anni, lei appena diciotto. Era stato amore a prima vista, un amore profondo,
per entrambi il primo amore, irruente,
di una irruenza che aveva sradicato la sua natura di adolescente educata alla
onestà e al rispetto, alla disciplina, alle consuetudini cattoliche, alla
nobiltà dei sentimenti.
Eppure quella lettera l’aveva turbata. Forse perché non era
mai stata corteggiata da altri uomini. Quella lettera la richiamava alla
realtà della vita. Per quanto forte nel suo amore, non poteva fare a meno si
sentirsi lusingata dall’amore di un altro giovane che, doveva ammettere,
non era meno bello ne meno sensibile di Giacomo.
A diciotto anni era quasi del tutto ignara della vita. Di
carattere introverso, fondamentalmente timida, si era unita a Giacomo
non solo perché era bello, ma soprattutto per quella solidarietà spirituale che
intuiva unirli, ma anche perché si sentiva affiancata a lui nel bisogno
quotidiano di trascendere, di svincolarsi da una realtà quotidiana misera e
meschina e di anelare al sublime passando attraverso la luce della conoscenza,
della comprensione e quella, non meno importante, dei sensi.
Sentimenti, ideali, inquietudini che l’avevano sempre tenuta
lontana dalla vita delle sue amiche che considerava insulse e pronte
alle gioie facili e meschine di un quotidiano privo di significato.
Quella lettera, in quel pomeriggio assolato, le aveva fatto
perdere il solito equilibrio, l’aveva resa debole, stanca, bisognosa di
tenerezza, desiderosa di evadere. E Giacomo non era lì con lei.
Proprio mentre nel sogno formulava quel pensiero, il maggiordomo
era venuto a dirle che c’era una visita. Era il giovane della lettera.
Ma perché non riusciva a metterlo a fuoco? Perché non ne ricordava il nome?
A tutta prima aveva avuto un piccolo gesto di disappunto. In
quel momento non aveva desiderio di incontrarsi con il giovane
sconosciuto. Le parole d’amore l’avevano intimidita, la obbligavano a fare un
grande sforzo per non tenerne conto.
Si sentiva contrariata, eccitata dalla novità di quella
lettera che veniva a scompaginare un quadro già disegnato e di cui non aveva
intenzione di modificare alcun particolare. Soprattutto l’indispettiva il
leggero umidore che avvertiva alla base delle mutandine.
Poco dopo il giovane era apparso sulla soglia della
stanza. Il sogno non le aveva consentito di mettere a fuoco i suoi connotati.
Avvertiva solo che era bello, vestito d'un abito chiarissimo, elegante, e che
dalla sua persona emanava un profumo di Colonia, di lozione da barba, di
maschio leggermente accaldato.
Rosa Auteri, vedendoselo apparire così
all’improvviso, era avvampata in volto di rossore. Aveva fatto l’atto di
alzarsi, ma il giovane l’aveva obbligata a star seduta, si era curvato
su lei e le aveva teso le mani.
Attraverso la camicia di seta morbida e profumata, il petto
nudo dell'uomo era venuto quasi a contatto con il suo viso. Un violento
desiderio fisico l’aveva travolta. Avvertiva che le mutandine era diventate
fradice ed un rivolo di sudore le era scivolato dalla tempia sulla gota.
Possibile che fosse successo quello che aveva sognato? Quel
sogno era solo un sogno o il ricordo di una realtà vissuta?
La mano del giovane si era posata sulla sua guancia a
fermare il rivolo di sudore. Ella non si era ribellata a quel gesto audace,
aveva taciuto e si era sentita attraversata da un tremito. E, nell’afa estiva e
nel silenzio dominante della stanza, il giovane aveva avvertito quel
tremito. Benchè timido, tremante al pari di lei, la sua mano era scesa ad
accarezzare la fragilità della tempia, la tenerezza della gota, la seta dei
capelli ondulati, la gola nuda.
Non aveva osato andare oltre. Il seno nudo era lì a portata
di mano, ma non aveva osato. Nel sogno Rosa Auteri non era riuscita a
capire se si era sentita sollevata o delusa dalla mancanza di quel gesto che
avrebbe avuto un significato ben al di là della sua semplice banalità.
Nondimeno la carezza dell’uomo era stata lunga,
istintiva, piena di tenerezza e di voglia di conforto. Sfinita Rosa Auteri
si era serrata contro di lui. Ed egli aveva potuto avvertire la flessuosità di
quel corpo giovane e pieno di vita, la turgidità dei piccoli seni.
Poi, le labbra morbide e asciutte dell’uomo si era
posate sulle sue. Un piccolo accenno ad aprire le labbra, la lingua che stava
per penetrare nell’incavo della sua bocca e Rosa Auteri si era svegliata
da quella malia che l’aveva pervasa in quel pomeriggio d’agosto.
Lo aveva respinto, si era liberata dal vortice
dell’incoscienza, aveva barcollato, si era appoggiata alla poltrona e ancora
tutta scossa da tremiti, da brividi, aveva mormorato:
— Vada via! Vada via!
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