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Mi
sono sempre chiesta se romanzi quali Emmanuelle
di Emmanuelle Arsan, Histoire d’O di Pauline Réage o Therese o
gli ippocastani in fiore di José
Pierre, fossero da considerare erotici
o pornografici.
L’erotismo è uno stato d’animo e muove da
una idea personale del desiderio spirituale e fisico di un’altra persona. La pornografia
è la descrizione cruda e nuda di atti sessuali. Ma stando a questa
distinzione un romanzo quale Emmanuelle sarebbe da considerare pornografico. Eppure così non è.
Cerchiamo
di capire il motivo di questa mia affermazione.
Innanzitutto
bisogna dire che l’Arsan evita
accuratamente di usare vocaboli volgari.
Nei suoi romanzi non troveremo mai
la parola cazzo o la parola figa. L’Arsan usa le parole membro,
verga, pene, vulva, vagina, e le usa in un contesto di crescendo erotico. Ne è esempio questo
brano che vi propongo.
“Una mano penetrò sotto lo slip di
Emmanuelle (leggero e trasparente, come tutti gli indumenti intimi che è solita
portare, a dire il vero poco numerosi: un reggicalze, talvolta una sottoveste
sotto le gonne larghe, mai reggiseno o bustino, benché nelle boutiques del
faubourg Saint-Honoré dove acquista la biancheria si faccia provare, da questa
o quella delle commesse bionde, brune, belle, quasi irreali, che si inginocchiano
ai suoi piedi scoprendo le loro lunghe gambe, innumerevoli modelli di bustini,
di guepières, di mutandine o di cache-sexes, che le loro dita graziose fanno
risalire lungo i suoi seni o le sue cosce, e coi quali l'accarezzano,
pazientemente, con gesti ripetuti e amorevoli, fino a che gli occhi di
Emmanuelle si chiudono ed ella piega dolcemente le ginocchia, posandosi sul
suolo coperto di nylon come un velo, aperta, calda, e lasciata all'abilità
perfetta e appagante delle mani e delle labbra).”
Ecco con quale eleganza l’Arsan
descrive la sua biancheria intima e
il piacere che essa trasmette al suo
corpo e a chi legge. Poche righe che ci danno subito l’idea di una donna
bella e libera, predisposta all’avventura. Ma proseguiamo.
“Il
corpo di Emmanuelle ricadde nella posizione da cui il suo accenno di resistenza
l'aveva momentaneamente distolta.
L'uomo
accarezzò col palmo, come si blandisce un purosangue, il suo ventre sodo e
piatto, appena sopra al rigonfiamento del pube.
Le
sue dita corsero lungo le pieghe dell'inguine, poi al disopra del vello, tracciando
gli angoli di un triangolo di cui sembravano stimare l'area.
Lo
spigolo inferiore era molto aperto, in una disposizione alquanto rara, benché immortalata
dagli scultori greci.
Quando
la mano che percorreva il ventre di Emmanuelle fu sazia di proporzioni, forzò
le cosce ad aprirsi ancor più per quanto la gonna arrotolata intralciasse i movimenti:
esse obbedirono, allargandosi quanto possibile.
La
mano prese nel suo incavo il sesso caldo e ricolmo, carezzandolo come per
placarlo, senza fretta, con un movimento che seguiva il solco delle labbra,
tuffandosi, dapprima leggermente, tra di loro per passare sul clitoride eretto
e venire a riposarsi sui fitti riccioli del pube.
Poi,
a ogni nuovo passaggio tra le gambe, che, respingendo la gonna, si separavano
di più, le dita dell'uomo scesero per partire da più lontano, risalendo ad affondarsi
più profondamente tra le umide mucose, rallentando il loro movimento, forse per
capriccio, forse per calcolo, come esitando, man mano che la tensione di Emmanuelle
cresceva.
Vorrei mettere in risalto l’estrema eleganza con cui viene narrato
l’episodio. L’uomo non prende possesso del sesso
femminile con la violenza del
desiderio, o peggio ancora con lascivia
e lussuria.
No, l’uomo percorre il ventre di Emmanuelle in una carezza tesa a scoprire la dolcezza del ventre, la sua
elasticità, le sue fini proporzioni.
I suoi gesti sono lenti, calcolati, tesi a dare piacere
alla donna, un piacere che non
sia veloce ed immediato, ma lento e misurato. Quale poesia, perché anche il sesso
può essere poesia, quando l’Arsan scrive: ….e venire a posarsi sui fitti riccioli del pube.
Continuiamo.
“Mordendosi
le labbra per trattenere il singulto che le saliva dalla gola, le reni arcuate,
palpitava dal desiderio dello spasimo cui l'uomo sembrava volesse continuamente
avvicinarla senza mai permetterle di raggiungerlo.
Con
una sola mano, egli giocava col suo corpo al ritmo e sul tono che voleva,
sdegnando i seni e la bocca, non pareva ghiotto né di baciare né di stringere,
e rimaneva, in mezzo alla voluttà incompleta che dispensava, noncurante e
distratto.
Emmanuelle
agitò la testa a destra e a sinistra, si lasciò sfuggire una serie di gemiti
soffocati, suoni simili a una preghiera.
I
suoi occhi si schiusero e cercarono il volto dell'uomo.
Cominciavano
a brillare di lacrime.
Qui, l’estetica del piacere è
narrata in modo sublime. Il singulto che sale alla gola, il palpito del desiderio, i gemiti soffocati, le lacrime di riconoscenza per il piacere che riceve sono un inno all’atto di sesso che si sta compiendo. Ancora una volta la poesia del sesso prevale.
“Allora,
la mano si immobilizzò, continuando a stringere tutta la parte del corpo di
Emmanuelle che aveva infiammata.
L'uomo
si curvò un po' verso la passeggera e prese, con l'altra mano, una delle sue,
attirandola verso di sé e introducendola all'interno del suo vestito.
La
aiutò a richiudersi sulla verga rigida e guidò i suoi movimenti, regolando la
loro ampiezza e la loro cadenza secondo il suo gusto, rallentando o accelerando
secondo il grado della sua eccitazione, finché non fu certo di potersi
abbandonare all'intuito e allo zelo di Emmanuelle, permettendole di portare a
termine come volesse la manipolazione alla quale ella aveva concesso dapprima
uno spirito smarrito e un'infantile docilità, ma che andava a poco a poco
perfezionando con una sollecitudine imprevista.”
Anche qui nessuna volgarità. Uno
scrittore mediocre avrebbe scritto:
“L'uomo
si curvò un po' verso la passeggera e prese, con l'altra mano, una delle sue,
attirandola verso di sé e introducendola all'interno della patta dei pantaloni.
La
aiutò a richiudersi sul cazzo rigido guidando i suoi movimenti sino a quando la
sborra non fosse fuoriuscita dai suoi testicoli ripieni.”
Che differenza, vero?
“Emmanuelle
s'era fatta avanti col busto in modo che il braccio assolvesse meglio il suo
compito, e l'uomo, a sua volta, s'accostò di più, affinché ella potesse essere
aspersa dallo sperma che sentiva scaturire dal fondo dei suoi testicoli.
Ancora
per molto, tuttavia, riuscì a trattenersi, mentre le dita serrate di Emmanuelle
salivano e scendevano, meno timide via via che la carezza si prolungava, senza
più limitarsi ad un elementare va-e-vieni, ma socchiudendosi, improvvisamente
esperte, per scivolare lungo la grossa vena rigonfia, sulla curva della verga,
tuffandosi (graffiando impercettibilmente la pelle con le loro unghie limate)
il più basso possibile, tanto vicine ai testicoli quanto lo permetteva la
strettezza dei pantaloni, e poi risalendo, con un movimento lascivo, finché le
pieghe di mobile pelle nel cavo del palmo umido non avessero ricoperto la punta
del membro, che le sembrava di non poter mai raggiungere tanto questo si
tendeva crescendo.
Di
lì, stringendo di nuovo con forza, la mano ripartiva verso il basso dell'asta,
tendendo il prepuzio, volta a volta strangolando la carne tumescente o
allentando la stretta, sfiorando appena la mucosa o molestandola, massaggiando
con grandi movimenti del polso oppure tormentando con brevi colpi senza
pietà...
Il
glande, raddoppiato di volume, si infuocava e sembrava ad ogni istante sempre
più prossimo a esplodere.
Emmanuelle
ricevette con una strana esaltazione, lungo le braccia, sul ventre nudo, sul
seno, sulla bocca, nei capelli, i lunghi zampilli bianchi e odoranti che il
membro infine soddisfatto riversava.
Sembrava
non dovessero mai esaurirsi.
Credeva
di sentirseli colare nella gola, credeva di berli...
Una
ignota ebbrezza la possedeva.
Un
piacere senza pudore. Quando lasciò ricadere il braccio, l'uomo strinse con la
punta delle dita il clitoride di Emmanuelle e la fece godere.”
Certo,
qualcuno potrebbe obiettare che una
particolareggiata descrizione di una manipolazione
del sesso maschile è pornografia, e ciò potrebbe anche
essere vero, ma Emmanuelle ribalta
la situazione quando parla dell’esaltazione
che le comunica il seme maschile
quando lo riceve sul proprio corpo in lunghi
zampilli bianchi e odoranti.
Qui
siamo nell’erotismo più profondo. La donna gode con il
corpo e il cervello. Ella accresce il suo piacere con la fantasia. Non tutte le
donne godono con il cervello. Ne
conosco molte a cui lo sperma maschile
fa schifo e lo ritengono aspro e
maleodorante. Lo stesso vale per tutti quegli uomini a cui fa disgusto usare la
lingua per far godere la propria donna.
Ecco,
sta proprio in ciò la differenza tra
un volgare atto sessuale teso solo a
placare un impellente bisogno fisico ed uno
teso a creare quella che io definisco la
poesia e l’estetica del coito.
Scrive
Graziano Benelli nel suo saggio Emmanuelle e i figli suoi
con riguardo al gergo della parola:
“Il ritorno della parola rimossa corrisponde
dunque, nel nostro caso, all'inserimento del gergo erotico nella letteratura di
massa, alla presenza della parola «volgare» nel romanzo. Bisogna però
considerare che il gergo è, in molti casi, difficilmente accertabile, poiché
varia a seconda dei parlanti e delle loro abitudini. Non solo, ma (ancora più
spesso) la parola del gergo nasce, specialmente nel campo erotico, da una
metafora, la quale col trascorrere del tempo si scolorisce sempre più, per
diventare parola autonoma. Così abbiamo metafore non più riconoscibili dal
fruitore (metafore spente), altre in via di estinzione, altre ancora di recente
creazione e dunque facilmente avvertibili; si tratta comunque sempre di figure,
e come tali dovranno essere considerate. Ciò che interessa ai nostri fini, è
riconoscere le metafore create dal Potere rispetto a quelle forgiate dai
dominati, per stabilire in che misura si ha, nel porno-romanzo, il ritorno
della parola proibita. Operazione non sempre agevole questa, specialmente
quando ci si trova di fronte a metafore nuove, ancora prive di una collocazione
sociale; nell'insieme però è possibile arrivare a distinguere con sufficiente
certezza il lessico dominante da quello «volgare», poiché nell'uno e nell'altro
campo vi sono parole-chiave, il cui valore è indiscutibile. Queste
parole-chiave, usate con una certa frequenza e soprattutto con un certo
compiacimento (paragonabile a quello dell'esibizionista), coinvolgono, tingendo
della loro connotazione, anche quei vocaboli che, per vari motivi, non si sono
ancora prestati a essere «volgarizzati », metaforizzati (per cui il
porno-romanzo è costretto sovente a pescare nel lessico dominante per mancanza
di segni alternativi). Passando al confronto del lessico erotico reperito nei
nostri due romanzi, è possibile affermare con sicurezza che in Emmanuelle il
gergo è totalmente assente; non solo, ma spesso l'autore potendo giocare
(sempre all'interno del lessico dominante) su due o più termini, predilige
quello meno forte, quello meno carico di significato scandalistico”
Graziano Benelli mette in risalto come l’Arsan si propone nei suoi romanzi di usare un tono perbenista: si può parlare di tutto, purché lo si faccia coi
vocaboli designati dal Potere.
Personalmente,
pur riconoscendo che ciò che scrive Benelli
è parzialmente vero, ciò che non condivido è il fatto che lui attribuisce
all’autrice di Emmanuelle una volontà di compiacere il potere mentre
a mio avviso l’uso sapiente dei vocaboli
è una precisa volontà di non cascare nel volgare.
“Questo carattere «puritano» si manifesta
maggiormente là dove si parla del sesso maschile, poiché quest'ultimo possiede,
nella lingua francese, un numero di metafore superiore a quello del sesso
femminile. In Emmanuelle non solo vengono ignorati i vocaboli appartenenti al
gergo, ma anche facili e innocue metafore come feve e mât, il sesso maschile è
designato quasi soltanto con gli specialistici termini membre, pénis, phallus,
verge”
Da
notare che nella letteratura francese
erotica, sino ad allora, si erano usati vocaboli come: chinois,
cylindre, dard, engin, hache, mèche, sabre, tige, tison, tringle e quelli
ancora più volgari di: queue, pine e
bitte.
Per
Benelli è che sul romanzo erotico,
che non vuol essere classificato porno, “pesa
parte di quella contraddizione che abbiamo visto essere del romanzo erotico;
per poter diventare (relativamente) di massa, il porno-romanzo ha dovuto far i
conti col perbenismo del Potere e con quello (magari inconscio) di molta parte
dei fruitori; ha dovuto insomma confondere le proprie carte e stare al gioco.”
Ancora
una volta non mi trova d’accordo. L’Arsan
ha voluto cantare le gioie del sesso
in una società cattolica e perbenista
che vuol far passare il piacere per peccato.
Vuole avvelenare ciò che c’è di più bello al mondo: la compenetrazione delle anime nel rapporto fisico. Che duri un
attimo o una vita l’incontro di due esseri è sempre amore se l’atto sessuale viene vissuto intensamente con il cervello e i sensi.
All’inizio
ho citato altri due romanzi. Di Histoire
d’O ho poco da dire. Se si esclude l’inizio
del romanzo che ha una sua atmosfera
sensuale ed anche romantica, il
resto è tutto da condannare. L’amore
è piacere e non dolore.
Così:
“Un giorno l'amante porta O a fare una
passeggiata in un quartiere dove non vanno mai, il parco Montsouris, il parco
Monceau. A un angolo del parco, all'inizio di una via dove non stazionano mai
tassì, dopo aver passeggiato nel parco ed essersi seduti fianco a fianco sul
ciglio di un prato, notano un'automobile col tassametro, che assomiglia a un
tassi. "Sali," lui dice. Lei sale. Si sta facendo sera, ed è autunno.
Lei è vestita come sempre: scarpe coi tacchi alti, un abito dalla gonna
pieghettata, una camicetta di seta, e niente cappello. Ma lunghi guanti che
inguainano le maniche dell'abito, e nella borsetta di cuoio porta i documenti,
la cipria e il rossetto. Il tassì parte lentamente, senza che l'uomo abbia
detto una parola al conducente. Ma egli abbassa, a destra e a sinistra, le
tendine scorrevoli sui finestrini e sul lunotto posteriore. Lei si sfila i
guanti, pensando che voglia baciarla o voglia che lo accarezzi. Ma lui dice:
"Sei scomoda, dammi la borsa.” Lei gliela porge, lui la colloca fuori
dalla sua portata, e aggiunge: "Sei anche troppo vestita. Slacciati i
reggicalze, arrotolati le calze fin sopra le ginocchia: eccoti le
giarrettiere." Ha qualche difficoltà, il tassi va più forte, lei teme che
il conducente possa voltarsi. Alla fine, le calze sono arrotolate, e lei è imbarazzata
di sentire le proprie gambe nude e libere sotto la seta della sottoveste.
Inoltre, i reggicalze slacciati scivolano in basso. "Slacciati la
cintura," egli dice, "e togliti le mutandine." Questo è facile,
basta passarsi le mani dietro la schiena e sollevarsi un po'. Egli prende dalle
sue mani la cintura e le mutandine, apre la borsetta e ve le rinchiude, poi
dice: "Non devi star seduta sulla sottoveste e sulla gonna, devi
sollevarle e sederti direttamente sul sedile." Il sedile è in finta pelle,
scivoloso e freddo, mette i brividi sentirselo aderire alle cosce. Poi lui le
dice: "Adesso rimettiti i guanti." Il tassì continua a correre, e lei
non osa domandare perché René non si muove, e non dice più nulla, né quale
significato può avere per lui il fatto che lei sia li immobile e muta, cosi
denudata e cosi offerta, cosi ben inguantata, in un'automobile nera di cui non
sa dove va. Egli non le ha ordinato né proibito nulla, ma lei non osa né
incrociare le gambe né avvicinare le ginocchia. Tiene le due mani inguantate
appoggiate ai due lati del sedile.
"Ci siamo," egli
dice all'improvviso. Ci siamo: il tassi si ferma in un bel viale, sotto un
albero — sono platani — davanti a una specie di villetta che s'intravvede fra
il cortile e il giardino, come le villette del Faubourg Saint-Germain. I
lampioni sono a una certa distanza, è ancora buio all'interno dell'automobile,
e fuori piove. "Non muoverti," dice René. "Non muoverti
minimamente. " Allunga la mano verso il colletto della sua camicetta,
disfa il nodo, poi la sbottona. Lei inclina leggermente il busto, pensa che lui
voglia accarezzarle i seni. No. La tocca soltanto per afferrare e tagliare con
un temperino le bretelle del reggiseno, che le toglie. Ora, sotto la camicetta,
che lui ha sbottonato, ha i seni liberi e nudi come ha nudi e liberi la schiena
e il ventre, dalla vita ai ginocchi.
"Ascolta," egli
dice. "Ora sei pronta. Io ti lascio. Tu scendi e vai a suonare alla porta.
Segui chi ti aprirà, fa' qualsiasi cosa ti verrà ordinata. Se non entrerai
immediatamente, ti costringeranno ad ubbidire. La tua borsetta? No, non hai più
bisogno della tua borsetta. Sei soltanto la ragazza che io procuro. Si, sì, io
ci sarò. Va'."
Indubbiamente
trabocca di erotismo. Un inizio fulminante che se istradato
verso un argomento diverso sarebbe potuto diventare un capolavoro. Comunque il romanzo
ha avuto un indiscutibile successo, ampliato dal film che ne è seguito ed interpretato magistralmente da Corinne
Clery che ha saputo dare il giusto volto alla protagonista: un volto imbronciato e ribelle, che affronta il
dolore con dignità ed amore, e che nessuna delle torture che subisce riesce a
piegare.
Diverso
è il tono di Therese o gli ippocastani
in fiore di José Pierre. Scritto
in prima persona da un giovane che narra le avventure di Thérèse, una giovane e affascinante creatura, capace di accendere
inarrestabili passioni ma soprattutto di accentrare su di sé ogni interesse.
Per
dirla con la quarta di copertina: “E il
racconto si presenta senza perifrasi, senza velature, come una sorta di
"educazione" al piacere, con una progressione che tende
all'esaurimento di ogni risorsa erotica implicita nel corpo umano. Quella
promossa da Thérèse è una progressione
razionale, lucida, controllata, perfino pacata; è un progetto in cui nessun particolare
viene trascurato, con scrupolosità scientifica (o religiosa?), che porterà
inevitabilmente ad accoppiamenti "insoliti" e "perversi".
Ma se da un lato tutto ci appare come una sublimazione dell'atto, dall'altro,
la stessa moltiplicazione del piacere, in ogni senso, finisce per ribaltare il
rapporto di credibilità. Il troppo grande, l'eccesso, annulla la dimensione
delle cose. Nel ricordo di Jarry, questa Thérèse si potrebbe definire il
complemento del supermaschio, la superfemmina; ma dove in Jarry il sesso
rappresenta una scommessa con la vita e assume il contenuto di un exploit, in
questo percorso di Pierre perde ogni mitica connotazione e si tinge di umori
iperreali. Tutti si accaniscono su colei che è come il primo ippocastano in
fiore, dice un verso di Benjamin Péret. Il fiore dell'ippocastano è un'immagine
di carne e di sensi. Ma chi è questo ippocastano in fiore, questa creatura che
lo evoca e lo incarna? Escludiamo subito l'ipotesi che questa Thérèse, anima e
fulcro del racconto, sia una parente prossima o lontana di qualche ambigua
eroina dell'erotismo internazionale tipo Emmanuelle, e guardiamo semmai più
indietro (ma metaforicamente più avanti), tra i risvolti di una tradizione
erotica che la letteratura francese ha coltivato per secoli (da Sade a certo
Balzac, a certo Apollinare...), con esiti spesso altissimi, al limite del
capolavoro proprio sul piano letterario. È qui che nasce Thérèse, in questa
tradizione mondana e disinibita, filtrata attraverso l'ottica e l'esperienza
surrealista, che finisce per confezionare un modello di erotismo in cui
l'intelligenza e l'ironia esorcizzano qualsiasi sospetto di volgarità.”
Indubbiamente
un bel romanzo erotico, ma molto
inferiore ad Emmanuelle. Qui il
gergo è molto più volgare e porta il romanzo
al limite del pornografico.
Va
distinto l'erotismo dalla pornografia: nell'erotismo infatti è importante e rilevante la presenza di un vissuto
emotivo (cosa che si riscontra in Emmanuelle
alla ricerca di una felicità che
trova nel donarsi al mondo), laddove la pornografia
(Thérèse è alla ricerca del suo piacere, del suo esclusivo piacere) si caratterizza per la netta separazione fra la sessualità, esibita nella sua crudezza,
e il sentimento amoroso, che ne è per lo più escluso.
Note
I brani di Emmanuelle sono tratti da Emmanuelle
di Emmanuelle Arsan – Olympia Press Italia – 1975.
I
brani di Histoire d’O sono tratti da Storia
di O di Pauline Réage – Bompiani – 1971.
I
brani di Thérèse o gli ippocastani in fiore sono tratti da Thérèse o gli ippocastani in fiore di José Pierre – Bompiani – 1979.
I
brani di Emmanuelle e i figli suoi di Graziano Benelli sono tratti da Erotologia – Lectures 7 e 8
– Dedalo Libri – 1981
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- La Trilogia di Eleanor - Trama
- Introduzione ad Eleanor di Eleanor LeJune
- Eleanor di Eleanor LeJune
- Un brano tratto dal Romanzo Eleanor di Eleanor LeJune
- Mark e Claudine
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