mercoledì 29 maggio 2013

Introduzione ad Eleanor di Eleanor LeJune


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Mi sono sempre chiesta se romanzi quali Emmanuelle di Emmanuelle Arsan, Histoire d’O di Pauline Réage o Therese o gli ippocastani in fiore di José Pierre, fossero da considerare erotici o pornografici.
L’erotismo è uno stato d’animo e muove da una idea personale del desiderio spirituale e fisico di un’altra persona. La pornografia è la descrizione cruda e nuda di atti sessuali. Ma stando a questa distinzione un romanzo quale Emmanuelle sarebbe da considerare pornografico. Eppure così non è.
Cerchiamo di capire il motivo di questa mia affermazione.
Innanzitutto bisogna dire che l’Arsan evita accuratamente di usare vocaboli volgari. Nei suoi romanzi non troveremo mai la parola cazzo o la parola figa. L’Arsan usa le parole membro, verga, pene, vulva, vagina, e le usa in un contesto di crescendo erotico. Ne è esempio questo brano che vi propongo.
Una mano penetrò sotto lo slip di Emmanuelle (leggero e trasparente, come tutti gli indumenti intimi che è solita portare, a dire il vero poco numerosi: un reggicalze, talvolta una sottoveste sotto le gonne larghe, mai reggiseno o bustino, benché nelle boutiques del faubourg Saint-Honoré dove acquista la biancheria si faccia provare, da questa o quella delle commesse bionde, brune, belle, quasi irreali, che si inginocchiano ai suoi piedi scoprendo le loro lunghe gambe, innumerevoli modelli di bustini, di guepières, di mutandine o di cache-sexes, che le loro dita graziose fanno risalire lungo i suoi seni o le sue cosce, e coi quali l'accarezzano, pazientemente, con gesti ripetuti e amorevoli, fino a che gli occhi di Emmanuelle si chiudono ed ella piega dolcemente le ginocchia, posandosi sul suolo coperto di nylon come un velo, aperta, calda, e lasciata all'abilità perfetta e appagante delle mani e delle labbra).”
Ecco con quale eleganza l’Arsan descrive la sua biancheria intima e il piacere che essa trasmette al suo corpo e a chi legge. Poche righe che ci danno subito l’idea di una donna bella e libera, predisposta all’avventura. Ma proseguiamo.
“Il corpo di Emmanuelle ricadde nella posizione da cui il suo accenno di resistenza l'aveva momentaneamente distolta.
L'uomo accarezzò col palmo, come si blandisce un purosangue, il suo ventre sodo e piatto, appena sopra al rigonfiamento del pube.
Le sue dita corsero lungo le pieghe dell'inguine, poi al disopra del vello, tracciando gli angoli di un triangolo di cui sembravano stimare l'area.
Lo spigolo inferiore era molto aperto, in una disposizione alquanto rara, benché immortalata dagli scultori greci.
Quando la mano che percorreva il ventre di Emmanuelle fu sazia di proporzioni, forzò le cosce ad aprirsi ancor più per quanto la gonna arrotolata intralciasse i movimenti: esse obbedirono, allargandosi quanto possibile.
La mano prese nel suo incavo il sesso caldo e ricolmo, carezzandolo come per placarlo, senza fretta, con un movimento che seguiva il solco delle labbra, tuffandosi, dapprima leggermente, tra di loro per passare sul clitoride eretto e venire a riposarsi sui fitti riccioli del pube.
Poi, a ogni nuovo passaggio tra le gambe, che, respingendo la gonna, si separavano di più, le dita dell'uomo scesero per partire da più lontano, risalendo ad affondarsi più profondamente tra le umide mucose, rallentando il loro movimento, forse per capriccio, forse per calcolo, come esitando, man mano che la tensione di Emmanuelle cresceva.
Vorrei mettere in risalto l’estrema eleganza con cui viene narrato l’episodio. L’uomo non prende possesso del sesso femminile con la violenza del desiderio, o peggio ancora con lascivia e lussuria.
No, l’uomo percorre il ventre di Emmanuelle in una carezza tesa a scoprire la dolcezza del ventre, la sua elasticità, le sue fini proporzioni. I suoi gesti sono lenti, calcolati, tesi a dare piacere alla donna, un piacere che non sia veloce ed immediato, ma lento e misurato. Quale poesia, perché anche il sesso può essere poesia, quando l’Arsan scrive: ….e venire a posarsi sui fitti riccioli del pube.
Continuiamo.
“Mordendosi le labbra per trattenere il singulto che le saliva dalla gola, le reni arcuate, palpitava dal desiderio dello spasimo cui l'uomo sembrava volesse continuamente avvicinarla senza mai permetterle di raggiungerlo.
Con una sola mano, egli giocava col suo corpo al ritmo e sul tono che voleva, sdegnando i seni e la bocca, non pareva ghiotto né di baciare né di stringere, e rimaneva, in mezzo alla voluttà incompleta che dispensava, noncurante e distratto.
Emmanuelle agitò la testa a destra e a sinistra, si lasciò sfuggire una serie di gemiti soffocati, suoni simili a una preghiera.
I suoi occhi si schiusero e cercarono il volto dell'uomo.
Cominciavano a brillare di lacrime.
Qui, l’estetica del piacere è narrata in modo sublime. Il singulto che sale alla gola, il palpito del desiderio, i gemiti soffocati, le lacrime di riconoscenza per il piacere che riceve sono un inno all’atto di sesso che si sta compiendo. Ancora una volta la poesia del sesso prevale.
“Allora, la mano si immobilizzò, continuando a stringere tutta la parte del corpo di Emmanuelle che aveva infiammata.
L'uomo si curvò un po' verso la passeggera e prese, con l'altra mano, una delle sue, attirandola verso di sé e introducendola all'interno del suo vestito.
La aiutò a richiudersi sulla verga rigida e guidò i suoi movimenti, regolando la loro ampiezza e la loro cadenza secondo il suo gusto, rallentando o accelerando secondo il grado della sua eccitazione, finché non fu certo di potersi abbandonare all'intuito e allo zelo di Emmanuelle, permettendole di portare a termine come volesse la manipolazione alla quale ella aveva concesso dapprima uno spirito smarrito e un'infantile docilità, ma che andava a poco a poco perfezionando con una sollecitudine imprevista.”
Anche qui nessuna volgarità. Uno scrittore mediocre avrebbe scritto:
L'uomo si curvò un po' verso la passeggera e prese, con l'altra mano, una delle sue, attirandola verso di sé e introducendola all'interno della patta dei pantaloni.
La aiutò a richiudersi sul cazzo rigido guidando i suoi movimenti sino a quando la sborra non fosse fuoriuscita dai suoi testicoli ripieni.”
Che differenza, vero?
“Emmanuelle s'era fatta avanti col busto in modo che il braccio assolvesse meglio il suo compito, e l'uomo, a sua volta, s'accostò di più, affinché ella potesse essere aspersa dallo sperma che sentiva scaturire dal fondo dei suoi testicoli.
Ancora per molto, tuttavia, riuscì a trattenersi, mentre le dita serrate di Emmanuelle salivano e scendevano, meno timide via via che la carezza si prolungava, senza più limitarsi ad un elementare va-e-vieni, ma socchiudendosi, improvvisamente esperte, per scivolare lungo la grossa vena rigonfia, sulla curva della verga, tuffandosi (graffiando impercettibilmente la pelle con le loro unghie limate) il più basso possibile, tanto vicine ai testicoli quanto lo permetteva la strettezza dei pantaloni, e poi risalendo, con un movimento lascivo, finché le pieghe di mobile pelle nel cavo del palmo umido non avessero ricoperto la punta del membro, che le sembrava di non poter mai raggiungere tanto questo si tendeva crescendo.
Di lì, stringendo di nuovo con forza, la mano ripartiva verso il basso dell'asta, tendendo il prepuzio, volta a volta strangolando la carne tumescente o allentando la stretta, sfiorando appena la mucosa o molestandola, massaggiando con grandi movimenti del polso oppure tormentando con brevi colpi senza pietà...
Il glande, raddoppiato di volume, si infuocava e sembrava ad ogni istante sempre più prossimo a esplodere.
Emmanuelle ricevette con una strana esaltazione, lungo le braccia, sul ventre nudo, sul seno, sulla bocca, nei capelli, i lunghi zampilli bianchi e odoranti che il membro infine soddisfatto riversava.
Sembrava non dovessero mai esaurirsi.
Credeva di sentirseli colare nella gola, credeva di berli...
Una ignota ebbrezza la possedeva.
Un piacere senza pudore. Quando lasciò ricadere il braccio, l'uomo strinse con la punta delle dita il clitoride di Emmanuelle e la fece godere.”
Certo, qualcuno potrebbe obiettare che una particolareggiata descrizione di una manipolazione del sesso maschile è pornografia, e ciò potrebbe anche essere vero, ma Emmanuelle ribalta la situazione quando parla dell’esaltazione che le comunica il seme maschile quando lo riceve sul proprio corpo in lunghi zampilli bianchi e odoranti.
Qui siamo nell’erotismo più profondo. La donna gode con il corpo e il cervello. Ella accresce il suo piacere con la fantasia. Non tutte le donne godono con il cervello. Ne conosco molte a cui lo sperma maschile fa schifo e lo ritengono aspro e maleodorante. Lo stesso vale per tutti quegli uomini a cui fa disgusto usare la lingua per far godere la propria donna.
Ecco, sta proprio in ciò la differenza tra un volgare atto sessuale teso solo a placare un impellente bisogno fisico ed uno teso a creare quella che io definisco la poesia e l’estetica del coito.
Scrive Graziano Benelli nel suo saggio Emmanuelle e i figli suoi con riguardo al gergo della parola:
Il ritorno della parola rimossa corrisponde dunque, nel nostro caso, all'inserimento del gergo erotico nella letteratura di massa, alla presenza della parola «volgare» nel romanzo. Bisogna però considerare che il gergo è, in molti casi, difficilmente accertabile, poiché varia a seconda dei parlanti e delle loro abitudini. Non solo, ma (ancora più spesso) la parola del gergo nasce, specialmente nel campo erotico, da una metafora, la quale col trascorrere del tempo si scolorisce sempre più, per diventare parola autonoma. Così abbiamo metafore non più riconoscibili dal fruitore (metafore spente), altre in via di estinzione, altre ancora di recente creazione e dunque facilmente avvertibili; si tratta comunque sempre di figure, e come tali dovranno essere considerate. Ciò che interessa ai nostri fini, è riconoscere le metafore create dal Potere rispetto a quelle forgiate dai dominati, per stabilire in che misura si ha, nel porno-romanzo, il ritorno della parola proibita. Operazione non sempre agevole questa, specialmente quando ci si trova di fronte a metafore nuove, ancora prive di una collocazione sociale; nell'insieme però è possibile arrivare a distinguere con sufficiente certezza il lessico dominante da quello «volgare», poiché nell'uno e nell'altro campo vi sono parole-chiave, il cui valore è indiscutibile. Queste parole-chiave, usate con una certa frequenza e soprattutto con un certo compiacimento (paragonabile a quello dell'esibizionista), coinvolgono, tingendo della loro connotazione, anche quei vocaboli che, per vari motivi, non si sono ancora prestati a essere «volgarizzati », metaforizzati (per cui il porno-romanzo è costretto sovente a pescare nel lessico dominante per mancanza di segni alternativi). Passando al confronto del lessico erotico reperito nei nostri due romanzi, è possibile affermare con sicurezza che in Emmanuelle il gergo è totalmente assente; non solo, ma spesso l'autore potendo giocare (sempre all'interno del lessico dominante) su due o più termini, predilige quello meno forte, quello meno carico di significato scandalistico”
Graziano Benelli mette in risalto come l’Arsan si propone nei suoi romanzi di usare un tono perbenista: si può parlare di tutto, purché lo si faccia coi vocaboli designati dal Potere.
Personalmente, pur riconoscendo che ciò che scrive Benelli è parzialmente vero, ciò che non condivido è il fatto che lui attribuisce all’autrice di Emmanuelle una volontà di compiacere il potere mentre a mio avviso l’uso sapiente dei vocaboli è una precisa volontà di non cascare nel volgare.
Questo carattere «puritano» si manifesta maggiormente là dove si parla del sesso maschile, poiché quest'ultimo possiede, nella lingua francese, un numero di metafore superiore a quello del sesso femminile. In Emmanuelle non solo vengono ignorati i vocaboli appartenenti al gergo, ma anche facili e innocue metafore come feve e mât, il sesso maschile è designato quasi soltanto con gli specialistici termini membre, pénis, phallus, verge”
Da notare che nella letteratura francese erotica, sino ad allora, si erano usati vocaboli come: chinois, cylindre, dard, engin, hache, mèche, sabre, tige, tison, tringle e quelli ancora più volgari di: queue, pine e bitte.
Per Benelli è che sul romanzo erotico, che non vuol essere classificato porno, “pesa parte di quella contraddizione che abbiamo visto essere del romanzo erotico; per poter diventare (relativamente) di massa, il porno-romanzo ha dovuto far i conti col perbenismo del Potere e con quello (magari inconscio) di molta parte dei fruitori; ha dovuto insomma confondere le proprie carte e stare al gioco.”
Ancora una volta non mi trova d’accordo. L’Arsan ha voluto cantare le gioie del sesso in una società cattolica e perbenista che vuol far passare il piacere per peccato. Vuole avvelenare ciò che c’è di più bello al mondo: la compenetrazione delle anime nel rapporto fisico. Che duri un attimo o una vita l’incontro di due esseri è sempre amore se l’atto sessuale viene vissuto intensamente con il cervello e i sensi.
All’inizio ho citato altri due romanzi. Di Histoire d’O ho poco da dire. Se si esclude l’inizio del romanzo che ha una sua atmosfera sensuale ed anche romantica, il resto è tutto da condannare. L’amore è piacere e non dolore.
Così:
Un giorno l'amante porta O a fare una passeggiata in un quartiere dove non vanno mai, il parco Montsouris, il parco Monceau. A un angolo del parco, all'inizio di una via dove non stazionano mai tassì, dopo aver passeggiato nel parco ed essersi seduti fianco a fianco sul ciglio di un prato, notano un'automobile col tassametro, che assomiglia a un tassi. "Sali," lui dice. Lei sale. Si sta facendo sera, ed è autunno. Lei è vestita come sempre: scarpe coi tacchi alti, un abito dalla gonna pieghettata, una camicetta di seta, e niente cappello. Ma lunghi guanti che inguainano le maniche dell'abito, e nella borsetta di cuoio porta i documenti, la cipria e il rossetto. Il tassì parte lentamente, senza che l'uomo abbia detto una parola al conducente. Ma egli abbassa, a destra e a sinistra, le tendine scorrevoli sui finestrini e sul lunotto posteriore. Lei si sfila i guanti, pensando che voglia baciarla o voglia che lo accarezzi. Ma lui dice: "Sei scomoda, dammi la borsa.” Lei gliela porge, lui la colloca fuori dalla sua portata, e aggiunge: "Sei anche troppo vestita. Slacciati i reggicalze, arrotolati le calze fin sopra le ginocchia: eccoti le giarrettiere." Ha qualche difficoltà, il tassi va più forte, lei teme che il conducente possa voltarsi. Alla fine, le calze sono arrotolate, e lei è imbarazzata di sentire le proprie gambe nude e libere sotto la seta della sottoveste. Inoltre, i reggicalze slacciati scivolano in basso. "Slacciati la cintura," egli dice, "e togliti le mutandine." Questo è facile, basta passarsi le mani dietro la schiena e sollevarsi un po'. Egli prende dalle sue mani la cintura e le mutandine, apre la borsetta e ve le rinchiude, poi dice: "Non devi star seduta sulla sottoveste e sulla gonna, devi sollevarle e sederti direttamente sul sedile." Il sedile è in finta pelle, scivoloso e freddo, mette i brividi sentirselo aderire alle cosce. Poi lui le dice: "Adesso rimettiti i guanti." Il tassì continua a correre, e lei non osa domandare perché René non si muove, e non dice più nulla, né quale significato può avere per lui il fatto che lei sia li immobile e muta, cosi denudata e cosi offerta, cosi ben inguantata, in un'automobile nera di cui non sa dove va. Egli non le ha ordinato né proibito nulla, ma lei non osa né incrociare le gambe né avvicinare le ginocchia. Tiene le due mani inguantate appoggiate ai due lati del sedile.
"Ci siamo," egli dice all'improvviso. Ci siamo: il tassi si ferma in un bel viale, sotto un albero — sono platani — davanti a una specie di villetta che s'intravvede fra il cortile e il giardino, come le villette del Faubourg Saint-Germain. I lampioni sono a una certa distanza, è ancora buio all'interno dell'automobile, e fuori piove. "Non muoverti," dice René. "Non muoverti minimamente. " Allunga la mano verso il colletto della sua camicetta, disfa il nodo, poi la sbottona. Lei inclina leggermente il busto, pensa che lui voglia accarezzarle i seni. No. La tocca soltanto per afferrare e tagliare con un temperino le bretelle del reggiseno, che le toglie. Ora, sotto la camicetta, che lui ha sbottonato, ha i seni liberi e nudi come ha nudi e liberi la schiena e il ventre, dalla vita ai ginocchi.
"Ascolta," egli dice. "Ora sei pronta. Io ti lascio. Tu scendi e vai a suonare alla porta. Segui chi ti aprirà, fa' qualsiasi cosa ti verrà ordinata. Se non entrerai immediatamente, ti costringeranno ad ubbidire. La tua borsetta? No, non hai più bisogno della tua borsetta. Sei soltanto la ragazza che io procuro. Si, sì, io ci sarò. Va'."
Indubbiamente trabocca di erotismo. Un inizio fulminante che se istradato verso un argomento diverso sarebbe potuto diventare un capolavoro. Comunque il romanzo ha avuto un indiscutibile successo, ampliato dal film che ne è seguito ed interpretato magistralmente da Corinne Clery che ha saputo dare il giusto volto alla protagonista: un volto imbronciato e ribelle, che affronta il dolore con dignità ed amore, e che nessuna delle torture che subisce riesce a piegare.
Diverso è il tono di Therese o gli ippocastani in fiore di José Pierre. Scritto in prima persona da un giovane che narra le avventure di Thérèse, una giovane e affascinante creatura, capace di accendere inarrestabili passioni ma soprattutto di accentrare su di sé ogni interesse.
Per dirla con la quarta di copertina: “E il racconto si presenta senza perifrasi, senza velature, come una sorta di "educazione" al piacere, con una progressione che tende all'esaurimento di ogni risorsa erotica implicita nel corpo umano. Quella promossa da Thérèse  è una progressione razionale, lucida, controllata, perfino pacata; è un progetto in cui nessun particolare viene trascurato, con scrupolosità scientifica (o religiosa?), che porterà inevitabilmente ad accoppiamenti "insoliti" e "perversi". Ma se da un lato tutto ci appare come una sublimazione dell'atto, dall'altro, la stessa moltiplicazione del piacere, in ogni senso, finisce per ribaltare il rapporto di credibilità. Il troppo grande, l'eccesso, annulla la dimensione delle cose. Nel ricordo di Jarry, questa Thérèse si potrebbe definire il complemento del supermaschio, la superfemmina; ma dove in Jarry il sesso rappresenta una scommessa con la vita e assume il contenuto di un exploit, in questo percorso di Pierre perde ogni mitica connotazione e si tinge di umori iperreali. Tutti si accaniscono su colei che è come il primo ippocastano in fiore, dice un verso di Benjamin Péret. Il fiore dell'ippocastano è un'immagine di carne e di sensi. Ma chi è questo ippocastano in fiore, questa creatura che lo evoca e lo incarna? Escludiamo subito l'ipotesi che questa Thérèse, anima e fulcro del racconto, sia una parente prossima o lontana di qualche ambigua eroina dell'erotismo internazionale tipo Emmanuelle, e guardiamo semmai più indietro (ma metaforicamente più avanti), tra i risvolti di una tradizione erotica che la letteratura francese ha coltivato per secoli (da Sade a certo Balzac, a certo Apollinare...), con esiti spesso altissimi, al limite del capolavoro proprio sul piano letterario. È qui che nasce Thérèse, in questa tradizione mondana e disinibita, filtrata attraverso l'ottica e l'esperienza surrealista, che finisce per confezionare un modello di erotismo in cui l'intelligenza e l'ironia esorcizzano qualsiasi sospetto di volgarità.”
Indubbiamente un bel romanzo erotico, ma molto inferiore ad Emmanuelle. Qui il gergo è molto più volgare e porta il romanzo al limite del pornografico.
Va distinto l'erotismo dalla pornografia: nell'erotismo infatti è importante e rilevante la presenza di un vissuto emotivo (cosa che si riscontra in Emmanuelle alla ricerca di una felicità che trova nel donarsi al mondo), laddove la pornografia (Thérèse è alla ricerca del suo piacere, del suo esclusivo piacere) si caratterizza per la netta separazione fra la sessualità, esibita nella sua crudezza, e il sentimento amoroso, che ne è per lo più escluso.

Note
I brani di Emmanuelle sono tratti da Emmanuelle di Emmanuelle ArsanOlympia Press Italia1975.
I brani di Histoire d’O sono tratti da Storia di O di Pauline RéageBompiani1971.
I brani di Thérèse o gli ippocastani in fiore sono tratti da Thérèse o gli ippocastani in fiore di José Pierre – Bompiani – 1979.

I brani di Emmanuelle e i figli suoi di Graziano Benelli sono tratti da ErotologiaLectures 7 e 8Dedalo Libri1981

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