mercoledì 29 maggio 2013

Sheila Holmes e il Mistero del Vaso di Bronzo


Sheila Holmes e il Mistero del Vaso di Bronzo




Romanzo giallo-rosa.
La giovane Sheila Holmes, su incarico dell’Agenzia Investigativa Matheson, si reca al Castello di Lother per indagare sull’assassinio del gioielliere Fitz-Patrick. Qui, tra un amore nascente, un’avventura galante ed un nuovo omicidio, la pronipote di Sherlock Holmes dipana la matassa in modo magistrale.
Presentando Sheila Holmes, pronipote di Sherlock Holmes e che svolge la sua stessa professione, occorre dire subito che essa nasce nella fantasia di Adelaide Byrne come emula di Modesty Blaise e, nell’ambientazioni delle storie, dell’eroine dei fumetti quali Jane di Mike Hubbard, Patti di Bob Hamilton e Scarth di Luis Roca e Jo Addams. Le avventure di Sheila Holmes, si dipanano in una Inghilterra degli anni 70, in piena rivoluzione sessuale, e la nostra eroina risente di questo clima, specchio della ragazza inglese della classe media di quel periodo. Donna dal fascino adulto, scabroso e frastornante che non esita, quando ne sente la necessità, di avere rapporti occasionali con altri uomini e di raccontarli al suo fidanzato. Ed al sottile erotismo Adelaide Byrne, nell’espletamento dell’avventura criminosa, dell’indagine poliziesca, dove il sesso si muove in modo molto garbato e la brutalità è del tutto assente, aggiunge una nota di Glamour esente però da romanticismo sdolcinato. Ed il Glamour di Adelaide Byrne è fatto da eroine che vestono in modo impudico, che si presentano in deshabillé o completamente nude. Ma il pregio di Adelaide Byrne è che non scade mai nel volgare e che sa unire il mistero al racconto sentimentale nella mistura classica del giallo-rosa. Su Amazon è già stato pubblicato l'ebook: Sheila Holmes e La Vendetta di Lady Randolph.

Dettagli prodotto

  • Formato: Formato Kindle
  • Dimensioni file: 1995 KB
  • Lunghezza stampa: 204
  • Venduto da: Amazon Media EU S.à r.l.
  • Lingua: Italiano
  • ASIN: B00AH086TK


Introduzione

Introduzione


Presentando Sheila Holmes, pronipote di Sherlock Holmes e che svolge la sua stessa professione, occorre dire subito che essa nasce nella fantasia di Adelaide Byrne come emula di Modesty Blaise e, nell’ambientazioni delle storie, dell’eroine dei fumetti quali Jane di Mike Hubbard, Patti di Bob Hamilton e Scarth di Luis Roca e Jo Addams.
Le avventure di Sheila Holmes, si dipanano in una Inghilterra degli anni 70, in piena rivoluzione sessuale, e la nostra eroina risente di questo clima, specchio della ragazza inglese della classe media di quel periodo.
Nel delinearne il carattere, e il rapporto che essa ha con il fidanzato James Hatch,  Adelaide Byrne si è rifatta al profilo che fa di Modesty Blaise Francesco Paolo Conte: “Una femminilità lontana dai canoni che alla donna sono stati per secoli e secoli prestati ma, comunque, aderente a certe immutabili realtà non soltanto biologiche ma anche spirituali….. Bella e sessualmente appetibile, ricorre raramente al suo fascino. Quando lo fa, tuttavia, sa di giocare una carta vincente. Audace e spericolata, è troppo professionista per gettarsi allo sbaraglio. Quando vi si getta ha già calcolato che almeno su una via d'uscita può contare……..questa giovane è capace di edonistiche pause e di pietà, di patimenti fisici e di smarrimenti dello spirito……… E sta forse in questo il suo fascino. Un fascino adulto…..Un fascino anche scabroso e frastornante, specie per i lettori non giovanissimi sui quali l'immagine di una donna che compie miracoli d'audacia e destrezza agisce in modo meno scioccante dell'immagine della medesima donna che, pur amando, ricambiata, il suo uomo non raramente lo "tradisce" (anche in questo da lui largamente ricambiata) con l'immancabile epilogo dei due amanti che sorseggiando sofisticati cocktails amabilmente e senza mai smettere di sorridere si raccontano il "chi", il "come" e il "quando" consapevoli che il "perché" non esiste né può esistere
(dalla presentazione del Fumetto Modesty Blaise – Morbidamente tua di Badia Romero – Edizioni SEA – giugno 1975)
Ma anche a quanto scrive Piero Zanotto nell’aprile 1974:
I rapporti affettuosi e talora intensi, che farebbero supporre un ménage tranquillo sul piano sentimentale e sessuale, sono tenuti volutamente fuori dalle regole, dai sacramenti, dai certificati matrimoniali. Non solo: anche questo in fondo sarebbe oggi abbastanza accettato e tranquillo. I due, sempre insieme in ogni azione al servizio di Sua Maestà britannica, efficientemente affiatati e sull'orlo spesso di finire nel mondo dei più, poiché gli avversari rispecchiano la fredda determinazione della reale delinquenza organizzata dei giorni nostri, non esitano — quando occorre — a vantarsi di rapporti, certamente occasionali, con altri partners. E lo fanno con una serenità che gli sarebbe invidiata, penso, anche dai cultori dell'amore di gruppo.”
Vediamo con quanto non chalance si concede ad un uomo che le piace:
Si era appena spogliata e si era sdraiata su letto, quando sentì bussare leggermente alla porta. Automaticamente rispose:
— Avanti.
Era sdraiata nuda sul letto, le mani intrecciate sotto il capo.
La finestra era aperta, ma la tenda interamente abbassata lasciava in ombra la camera: un'ombra ardente di sole. Fuori, il profumo dei fiori era intenso. Non un rumore saliva dal giardino. Anche la casa era silenziosa, come se non fosse abitata.
Gilmore rimase interdetto, affascinato dalla visione che aveva davanti agli occhi. Sheila, con noncuranza lo invitò ad entrare e non fece nulla per ricoprirsi.
— Non ho potuto avere il testo delle testimonianze, — egli si scusò — ma eccovi le annotazioni del commissario Hammett sulle singole deposizioni. Sarebbe bene che le copiaste.
— Grazie, ma prima leggiamole insieme.
Gilmore venne a metterle sulla sponda del letto. Era titubante, imbarazzato, indeciso sul da farsi. Senza scomodarsi dalla posizione in cui era, Sheila si sporse col busto quel tanto che le permise di prenderle. La pienezza del seno e il triangolo del pube turbarono profondamente il conte.
Le cortine di seta rosa scostate lasciavano completamente in vista il letto basso dove la trionfante nudità di Sheila riposava. L’eccitazione del conte era, ora, evidente, quasi imbarazzante.
Sheila decise di lasciarsi andare, di giocare con lui, erano quasi quindici giorni che i suoi organi non venivano stimolati da uno sprone maschile e adesso desiderava approfittare il più completamente e il più a lungo possibile di quell’attimo di estremo desiderio che si era impadronito di lei. Un desiderio quasi animalesco. In quel momento la sua mente si era astratta da tutto, anche da Peter Sand e da James Hatch.
— Che state a fare li immusonito? Venite qui, accanto a me!
Ed al sottile erotismo Adelaide Byrne, nell’espletamento dell’avventura criminosa, dell’indagine poliziesca, dove il sesso si muove in modo molto garbato e la brutalità è del tutto assente, aggiunge una nota di Glamour esente però da romanticismo sdolcinato.
Ed il Glamour di Adelaide Byrne è fatto da eroine che vestono in modo impudico, che si presentano in deshabillé o completamente nude come Eleanor Randolph in Sheila Holmes e La Vendetta di Lady Randolph.
Allo specchio, Eleanor Randolph, completamente nuda, si pettinava sorpresa di scoprirsi ancora bella come quando aveva vent'anni. Il seno, finemente modellato, si manteneva ancora saldo e svettante e il ventre non mostrava smagliature di sorta. Improvvisamente, restando con la mano sospesa sul capo ella si chiese se aveva fatto bene a vivere quella folle avventura con Richard Herbert.”
Adelaide Byrne è maestra nel giocare con il lettore che sa solleticare con intelligenza e buon gusto, portando la sua temperatura ad un sano grado di erotismo. La sua eroina, laureata in filosofia, in legge e in medicina, è indubbiamente sexy ma non è una Dark Lady. Sheila Holmes non insidia la casta virtù degli uomini o delle donne, se si concede loro, già, perché ci siamo dimenticati di dire che è anche bisex, lo fa con il loro pieno consenso.
Adelaide Byrne si richiama alla moralità dell’epoca che si stava evolvendo su rotaie d’una sempre più fervida prodigalità di costumi.


Incipit

Sheila Holmes trova un Impiego


Sheila Holmes si pose davanti allo specchio. Era incantevole. Un profilo puro. Una testa incorniciata da splendidi capelli, del colore del grano maturo, sopracciglia sottili, rialzate ad arco, pupille stranamente violacee, profonde, tra le ciglia lunghissime.
La bocca perfetta aveva labbra ardenti. Il corpo era snello e pur pieno e morbido sotto l’aderenza dell'abito nero. Le gambe uscivano dalla sottana corta all'altezza del ginocchio, inguainate di seta nera, lucente. Il seno, la cui nudità si indovinava più che intravedere, tendeva la camicetta.
Scosse la testa. Quell’abbigliamento non si adattava al personaggio che doveva interpretare: quello di una giovane ed ingenua segretaria. Si spogliò completamente e cominciò a rivestirsi stando attenta a ciò che indossava.
Scelse un reggiseno, lei che non lo portava mai, di fattura antiquata e che non lasciava trasparire niente. Non fu così per le mutandine, uno slip alto, tipo mutandoni della nonna, ma di taglio sartoriale, color nero, che copriva completamente le natiche pur esaltandole grazie a piccoli plissè all’interno del pizzo elasticizzato. Le rifiniture a taglio vivo le rendevano impercettibili anche sotto l’abbigliamento più aderente, ma, nel campo della decenza, questo era il massimo che aveva.
Indossò poi una camicetta, una gonna lunga, da collegiale, calzettoni e scarpe da ginnastica.
Sì, sembrava proprio una studentessa alla ricerca del suo primo impiego. Inforcò un paio di occhiali senza diottrie e rilesse le istruzioni che aveva ricevuto. Erano categoriche e Sheila si apprestò a seguirle alla lettera, ma prima decise di dare un saluto ad Hatch, il suo amico giornalista e suo stretto collaboratore, nonché fidanzato a tempo perso.
La redazione del grande quotidiano si trovava poco lontano dalla sua casa e lei fece quasi correndo il breve tratto di strada, ma la visita si rivelò inutile in quanto Hatch era dovuto correre via per un servizio urgente.
Gli lasciò un biglietto e uscendo dal palazzo del giornale chiamò un taxi fermo presso il marciapiede. L’autista era un bel ragazzo biondo e lei gli lanciò un'occhiata di provato e sicuro effetto e gli porse il biglietto con l'indirizzo al quale doveva presentarsi.
Dovrei arrivare al più presto possibile!
Era già in ritardo sull’orario dell’appuntamento e la cosa non deponeva a favore della sua professionalità.
L'autista annuì sorridendo, e Sheila giunse a tempo di record. Pagò in tutta fretta ed entrò, pensierosa, nell’edificio.

L'ascensore stava per salire, ma il Lift che lo serviva quando si accorse della bella fanciulla che correva verso di esso, riaprì la porta dell'ascensore domandando:
Quale piano, signorina?
Vorrei andare al terzo piano, — ansimò Sheila, premiando il giovane con uno sguardo intrigante.
Terzo piano, numero 154. Sheila si fermò davanti alla porta bianca e premette il bottone del campanello. La porta si aprì con uno scatto.
Nell'atrio, ben arredato, un giovane alto, dal viso pallido, stava battendo sulla tastiera di un computer. Egli non alzò nemmeno la testa quando la fanciulla entrò.
Buon giorno, — disse Sheila con voce profonda e morbida. — E' questo l'ufficio che cerca una segretaria, signore?
L'uomo, immerso nel lavoro, annuì e fece un cenno con la mano verso la porta a destra.
Sheila bussò. Nessuno rispose. Mentre stava bussando di nuovo, il giovane, che ella già credeva muto, parlò finalmente con un tono di voce che non piacque a Sheila:
Entrate pure.
Nella seconda camera due uomini stavano lavorando davanti a scrivanie colme di fascicoli.
Sheila salutò.
Per cortesia, con chi potrei parlare della vostra inserzione per il posto di segretaria? Sono la signora Sheila Barn.
Sheila Barn era da quel momento la sua nuova identità.
L'interrogato alzò la testa, squadrò Sheila, ne ammirò la figura snella, e si volse al compagno.
Chi si occupa della faccenda, Richard?
Il signor Matheson in persona.
L'impiegato premette sul bottone del telefono interno ed alzò il ricevitore.
Pronto, signor Matheson. C'è una certa signorina Barn per il posto di segretaria. Potete riceverla?
Depose il ricevitore e disse ad Sheila:
Per la porta centrale, per favore.
Sheila obbedì e si trovò sola in uno studio arredato con ottimo gusto. Osservò tutto con attenzione, e, vedendo il bell'ambiente pieno di sole, si lasciò distrarre dalla bella giornata. Togliendo lo sguardo dalla finestra, vide presso la scrivania, seduto in una comoda poltrona, un signore.
La ragazza sorrise, sorpresa.
Buon giorno, signore. Sono Sheila Holmes. Non vi avevo scorto, credevo di trovarmi sola nel vostro studio.
Perciò avete esaminato l'ambiente con tanta attenzione...
Non per questo. Anche se vi avessi visto subito, avrei guardato egualmente tutto, perchè è abitudine mia di osservare quello che mi circonda.
Molto bene. Accomodatevi. Sapete dove vi trovate?
Sulla porta d'ingresso ho visto il vostro nome, signore. Investigatore privato Edouard Matheson.
Avete già sentito nominare il nostro ufficio?
Ho letto spesso il vostro nome sui giornali.
Avreste piacere di lavorare per noi?
Generalmente non lo farei, ma attualmente assumerei qualunque lavoro perchè sono disoccupata da mesi. E, poi, lavorare per voi è un grande onore. Ho per voi e per la vostra organizzazione la massima stima.
Il signor Matheson rise ed i suoi lineamenti duri divennero gentili.
Siete molto franca, signorina Holmes, e vi ringrazio per i complimenti
La osservò attentamente e sembrò apprezzare sia la sua figura che il suo vestiario. Ella portava in sé una luce placida che non veniva dai soavi e grandi occhi grigio-verdi, non veniva dal viso perfetto, ma da qualche cosa di spirituale, che la faceva somigliare a una essere d’alabastro, irreale, illuminata com’era alle sue spalle dalla luce splendida e morbida di quella mattinata di sole.
Siete perfetta! Sembrate proprio una ingenua collegiale, anche se i vostro occhi tradiscono la vostra indole. Conoscete delle lingue?
Sheila non si chiese cosa avesse voluto dire con la parola indole, ma lei e quell’uomo, avvertiva, erano della stessa pasta e rispose:
Oltre all'inglese, di cui conosco anche varie intonazioni dialettali, parlo e scrivo il francese, il tedesco, lo spagnolo e l’italiano. Il tedesco lo conosco come se fosse una mia seconda lingua.
Che scuole avete fatto?
Ho frequentato il liceo, poi mi sono laureata a Oxford in filosofia, in legge e in medicina, frequentando il corso di criminologia del professore John Witman.
 — E Sherlock Holmes è veramente un vostro avo?
Era il bisnonno di mio padre.
Matheson suonò, e poco dopo entrò nello studio il pallido giovane che Sheila aveva visto scrivere nell'atrio. Egli si fermò senza pronunciare parola e fissò con gli occhi melanconici l'investigatore.
Dite, per favore, al portiere che il posto di segretaria è occupato.
Ci sono nove signorine nell'atrio, — rispose il giovanotto in tono disperato.
Mandatele via.
Il signor Matheson attese finché la porta fu richiusa, fumò silenzioso per qualche attimo la sua sigaretta e quindi domandò:
Che cosa ne dite di questo impiego?
Sono contenta. Confesso che avrei accettato l’incarico anche gratis. Vedete a livello economico non ho bisogno di lavorare, ma come il mio avo se non ho un caso da risolvere mi sento perduta.
Quanti casi avete risolto sino ad oggi?
Una decina. L’ultimo sembrava addirittura un caso impossibile, irresolubile. Era un complicatissimo delitto, che ha avuto un movente tanto misterioso da condurre le mie supposizioni oltre i limiti della vita reale fin nelle sfere del soprannaturale. Ma il mistero è durato soltanto finché non sono riuscita a trovare la soluzione, che rendeva tutto semplice e chiaro. E questo è appunto il sorprendente. E' sorprendente come la mente umana, una volta eliminato l'impossibile, ha di fronte a se, per quanto improbabile, la verità.
Mentre la fanciulla parlava, Matheson, che l'ascoltava con crescente interesse, non potè fare a meno di ammirarne la bellezza.
Proseguite, — disse. — Come avete sbrogliato la matassa del delitto?
Veramente non sono stata io a trovare la soluzione del problema, ma la frase di un mio amico giornalista, James Hatch.
Matheson rise rumorosamente. Si alzò dalla scrivania e camminò su e giù per lo studio, fumando avidamente la sua sigaretta.
Devo dire che siete perfetta per l’incarico che intendo affidarvi. Ma è ora che cominciate a recitare la vostra parte.
L'investigatore aprì una porticina e condusse Sheila in un corridoio.
Questa parte del palazzo sembrava costituire un piccolo regno a sè. Nello stretto corridoio si allineava una fila di porte bianche numerate e sotto i numeri si vedevano delle targhette. La fanciulla le osservò una dopo l'altra: Edouard Matheson, S. Browne, R. Grenier, R. Richard e E. O’Hara. Sulla sesta porta vi era una targhetta in bianco.
Ecco, questa è la vostra stanza da segretaria. E' identica alle altre.
Matheson aprì sorridendo la porta. Nella stanza, in stile moderno, quasi tutti i mobili erano costruiti nel muro, cominciando dall'armadio a tre sportelli — uno dei quali era costituito da uno specchio — fino a un piccolo divano, a uno scaffale di libri su cui dominava una grande scrivania
L'investigatore, poi, aprì una porticina rimasta fino allora invisibile e condusse la fanciulla in una stanzetta da bagno.
E questo è il bagno.
Matheson ricondusse Sheila nel suo ufficio e diede disposizioni perchè la Cassa pagasse un anticipo alla fanciulla, quindi guardò l'orologio.
Questa mattinata appartiene ancora a voi, signorina Holmes. Presentatevi alle quattordici al signor Richard, il quale vi darà da lavorare, sino al momento in cui avrete mie precise disposizioni.
Sheila prelevò l'anticipo e dopo aver sorriso gentilmente, nell'atrio, al triste giovane silenzioso, corse giù per le scale con animo leggero. Decise di andare a trovare Hatch, ma James non era ancora tornato.
Allora pensò di recarsi al centro di Londra per fare qualche acquisto. Fermò un taxi e dentro di se sorrise. L’autista era veramente un gran bel ragazzo. La faccia abbronzata, gli occhi azzurri dallo sguardo energico e fermo, il naso diritto rivelavano intelligenza, e, quando il giovane sorrise, apparve una fila regolare di denti forti e bianchi che lo rendeva attraente e simpatico.
In una sola giornata era incappata in due tassisti che avrebbero potuto benissimo essere degli attori per quanto erano belli. Giunta in centro, mentre pagava la corsa si sentì dire dal giovane:
Volete che vi aspetti?
Ma no.
Potrei tornare più tardi per prendervi, signorina?
Sheila fissò il giovane.
«E perché no?» pensò.
Si sentì turbata e convenne che le avrebbe fatto piacere se il giovanotto fosse tornato.
Va bene, — decise e vide chiaramente che negli occhi dell'autista passò un lampo di gioia. — Tornate fra un'ora ed aspettatemi.
L'autista s'inchinò, e Sheila constatò che la sua mossa era tutt'altro che goffa. Dopo che l'uomo fu risalito in macchina, Sheila guardò ancora a lungo il taxi che si allontanava.
Beh, non c'è male — mormorò adagio. — Un autista...
L'ora passò in un baleno. L'autista la stava aspettando con un largo sorriso sulle labbra.
Temevo di arrivare in ritardo — disse il giovane con un sorriso di scusa. — Il traffico mi aveva bloccato a Trafalgar Square.
Sheila salì nella macchina, nel movimento brusco la gonna le risalì oltre le ginocchia. Ella aveva coscienza che esse erano levate verso lo sguardo indiscreto del giovane, ma non fece nulla per ricoprirle.
Fra poco sarebbe scesa dalla macchina, avrebbe pagato l'autista per non rivederlo mai più. Il cuore le si strinse. Perchè avrebbe voluto rivederlo? Che cosa aveva a che fare lei con questo giovane estraneo dalla faccia abbronzata e dai capelli biondi?
Aveva ragione Hatch quando le diceva che era una piccola sgualdrinella. Ed era vero: le piaceva il sesso, le piaceva l’avventura, le piaceva l’ignoto, anche se poi, in fondo, amava solo James.
Che cosa ridicola...
L'automobile si fermò e l'autista aprì lo sportello.
Mi dispiace tanto che non abbiate attivato il tassametro — disse Sheila. — Quanto vi devo?
Il giovanotto alzò le spalle.
Nulla. E’ stato un vero piacere. Potrò rivedervi?
No, — Sheila rise. — Non potete sperarlo. Molto di rado prendo un tassì. Però, — decise di colpo, — datemi il vostro numero telefonico.
Un vivo rossore invase il volto del giovane.
Sheila ne fu intenerita.
Entrò nel portone, ma prima di salire per lo scalone si volse e guardò verso la strada. L'automobile era ancora ferma. Peter Sand, così si chiamava il giovane, era seduto al volante e guardava verso lo scalone.
«E’ proprio bello, — disse Sheila a se stessa. — Penso proprio che lo chiamerò... »
Nel pomeriggio fece conoscenza coi nuovi colleghi, sfogliò delle carte d'ufficio per ambientarsi meglio, però non venne chiamata dal signor Matheson.





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