Sheila Holmes e il Mistero del Vaso di Bronzo
Romanzo giallo-rosa.
La giovane Sheila Holmes, su incarico dell’Agenzia Investigativa Matheson, si reca al Castello di Lother per indagare sull’assassinio del gioielliere Fitz-Patrick. Qui, tra un amore nascente, un’avventura galante ed un nuovo omicidio, la pronipote di Sherlock Holmes dipana la matassa in modo magistrale.
Presentando Sheila Holmes, pronipote di Sherlock Holmes e che svolge la sua stessa professione, occorre dire subito che essa nasce nella fantasia di Adelaide Byrne come emula di Modesty Blaise e, nell’ambientazioni delle storie, dell’eroine dei fumetti quali Jane di Mike Hubbard, Patti di Bob Hamilton e Scarth di Luis Roca e Jo Addams. Le avventure di Sheila Holmes, si dipanano in una Inghilterra degli anni 70, in piena rivoluzione sessuale, e la nostra eroina risente di questo clima, specchio della ragazza inglese della classe media di quel periodo. Donna dal fascino adulto, scabroso e frastornante che non esita, quando ne sente la necessità, di avere rapporti occasionali con altri uomini e di raccontarli al suo fidanzato. Ed al sottile erotismo Adelaide Byrne, nell’espletamento dell’avventura criminosa, dell’indagine poliziesca, dove il sesso si muove in modo molto garbato e la brutalità è del tutto assente, aggiunge una nota di Glamour esente però da romanticismo sdolcinato. Ed il Glamour di Adelaide Byrne è fatto da eroine che vestono in modo impudico, che si presentano in deshabillé o completamente nude. Ma il pregio di Adelaide Byrne è che non scade mai nel volgare e che sa unire il mistero al racconto sentimentale nella mistura classica del giallo-rosa. Su Amazon è già stato pubblicato l'ebook: Sheila Holmes e La Vendetta di Lady Randolph.
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Introduzione
Introduzione
Presentando Sheila
Holmes, pronipote di Sherlock Holmes e che svolge la sua
stessa professione, occorre dire
subito che essa nasce nella fantasia di
Adelaide Byrne come emula di Modesty
Blaise e, nell’ambientazioni delle
storie, dell’eroine dei fumetti quali
Jane di Mike Hubbard, Patti di Bob Hamilton e Scarth di Luis Roca e Jo Addams.
Le avventure di
Sheila Holmes, si dipanano in una Inghilterra
degli anni 70, in piena rivoluzione
sessuale, e la nostra eroina
risente di questo clima, specchio
della ragazza inglese della classe media
di quel periodo.
Nel delinearne il
carattere, e il rapporto che essa ha
con il fidanzato James Hatch, Adelaide
Byrne si è rifatta al profilo
che fa di Modesty Blaise Francesco Paolo
Conte: “Una femminilità lontana dai
canoni che alla donna sono stati per secoli e secoli prestati ma, comunque,
aderente a certe immutabili realtà non soltanto biologiche ma anche spirituali…..
Bella e sessualmente appetibile, ricorre raramente al suo fascino. Quando lo
fa, tuttavia, sa di giocare una carta vincente. Audace e spericolata, è troppo
professionista per gettarsi allo sbaraglio. Quando vi si getta ha già calcolato
che almeno su una via d'uscita può contare……..questa giovane è capace di
edonistiche pause e di pietà, di patimenti fisici e di smarrimenti dello
spirito……… E sta forse in questo il suo fascino. Un fascino adulto…..Un fascino
anche scabroso e frastornante, specie per i lettori non giovanissimi sui quali
l'immagine di una donna che compie miracoli d'audacia e destrezza agisce in
modo meno scioccante dell'immagine della medesima donna che, pur amando,
ricambiata, il suo uomo non raramente lo "tradisce" (anche in questo
da lui largamente ricambiata) con l'immancabile epilogo dei due amanti che
sorseggiando sofisticati cocktails amabilmente e senza mai smettere di
sorridere si raccontano il "chi", il "come" e il
"quando" consapevoli che il "perché" non esiste né può esistere”
(dalla presentazione
del Fumetto Modesty Blaise – Morbidamente tua di Badia Romero – Edizioni SEA –
giugno 1975)
Ma anche a quanto scrive Piero Zanotto nell’aprile
1974:
“I rapporti affettuosi
e talora intensi, che farebbero supporre un ménage tranquillo sul piano
sentimentale e sessuale, sono tenuti volutamente fuori dalle regole, dai
sacramenti, dai certificati matrimoniali. Non solo: anche questo in fondo
sarebbe oggi abbastanza accettato e tranquillo. I due, sempre insieme in ogni
azione al servizio di Sua Maestà britannica, efficientemente affiatati e
sull'orlo spesso di finire nel mondo dei più, poiché gli avversari rispecchiano
la fredda determinazione della reale delinquenza organizzata dei giorni nostri,
non esitano — quando occorre — a vantarsi di rapporti, certamente occasionali,
con altri partners. E lo fanno con una serenità che gli sarebbe invidiata,
penso, anche dai cultori dell'amore di gruppo.”
Vediamo con quanto non
chalance si concede ad un uomo
che le piace:
” Si era appena spogliata
e si era sdraiata su letto, quando sentì bussare leggermente alla porta.
Automaticamente rispose:
— Avanti.
Era sdraiata nuda sul
letto, le mani intrecciate sotto il capo.
La finestra era
aperta, ma la tenda interamente abbassata lasciava in ombra la camera: un'ombra
ardente di sole. Fuori, il profumo dei fiori era intenso. Non un rumore saliva
dal giardino. Anche la casa era silenziosa, come se non fosse abitata.
Gilmore rimase
interdetto, affascinato dalla visione che aveva davanti agli occhi. Sheila, con noncuranza lo invitò ad
entrare e non fece nulla per ricoprirsi.
— Non ho potuto avere
il testo delle testimonianze, — egli si scusò — ma eccovi le annotazioni del
commissario Hammett sulle singole deposizioni. Sarebbe bene che le copiaste.
— Grazie, ma prima
leggiamole insieme.
Gilmore venne a metterle
sulla sponda del letto. Era titubante, imbarazzato, indeciso sul da farsi.
Senza scomodarsi dalla posizione in cui era, Sheila si sporse col busto quel tanto che le permise di prenderle.
La pienezza del seno e il triangolo del pube turbarono profondamente il conte.
Le cortine di seta
rosa scostate lasciavano completamente in vista il letto basso dove la
trionfante nudità di Sheila
riposava. L’eccitazione del conte
era, ora, evidente, quasi imbarazzante.
Sheila decise di
lasciarsi andare, di giocare con lui, erano quasi quindici giorni che i suoi
organi non venivano stimolati da uno sprone maschile e adesso desiderava
approfittare il più completamente e il più a lungo possibile di quell’attimo di
estremo desiderio che si era impadronito di lei. Un desiderio quasi animalesco.
In quel momento la sua mente si era astratta da tutto, anche da Peter Sand e da James Hatch.
— Che state a fare li
immusonito? Venite qui, accanto a me!”
Ed al sottile
erotismo Adelaide Byrne, nell’espletamento dell’avventura criminosa, dell’indagine
poliziesca, dove il sesso si
muove in modo molto garbato e la brutalità è del tutto assente, aggiunge
una nota di Glamour esente però da romanticismo sdolcinato.
Ed il Glamour di
Adelaide Byrne è fatto da eroine
che vestono in modo impudico, che si
presentano in deshabillé o completamente nude come Eleanor Randolph in Sheila Holmes e La Vendetta di Lady
Randolph.
“Allo specchio, Eleanor Randolph, completamente nuda,
si pettinava sorpresa di scoprirsi ancora bella come quando aveva vent'anni. Il
seno, finemente modellato, si manteneva ancora saldo e svettante e il ventre
non mostrava smagliature di sorta. Improvvisamente, restando con la mano
sospesa sul capo ella si chiese se aveva fatto bene a vivere quella folle
avventura con Richard Herbert.”
Adelaide Byrne è maestra nel giocare con il lettore che
sa solleticare con intelligenza e
buon gusto, portando la sua temperatura ad un sano grado di erotismo. La sua eroina,
laureata in filosofia, in legge e in
medicina, è indubbiamente sexy
ma non è una Dark Lady. Sheila Holmes non insidia la casta virtù degli uomini o delle donne,
se si concede loro, già, perché ci siamo dimenticati di dire che è anche bisex, lo fa con il loro pieno
consenso.
Adelaide Byrne si richiama alla moralità dell’epoca che si stava
evolvendo su rotaie d’una sempre più fervida prodigalità di costumi.
Incipit
Sheila Holmes trova un Impiego
Sheila Holmes si
pose davanti allo specchio. Era incantevole. Un profilo puro. Una testa
incorniciata da splendidi capelli, del colore del grano maturo, sopracciglia
sottili, rialzate ad arco, pupille stranamente violacee, profonde, tra le
ciglia lunghissime.
La bocca perfetta aveva labbra ardenti. Il corpo era snello
e pur pieno e morbido sotto l’aderenza dell'abito nero. Le gambe uscivano dalla
sottana corta all'altezza del ginocchio, inguainate di seta nera, lucente. Il
seno, la cui nudità si indovinava più che intravedere, tendeva la camicetta.
Scosse la testa. Quell’abbigliamento non si adattava al personaggio che doveva interpretare:
quello di una giovane ed ingenua
segretaria. Si spogliò completamente e cominciò a rivestirsi stando attenta
a ciò che indossava.
Scelse un reggiseno, lei che non lo portava mai, di fattura
antiquata e che non lasciava trasparire niente. Non fu così per le mutandine,
uno slip alto, tipo mutandoni della nonna, ma di taglio sartoriale, color nero,
che copriva completamente le natiche pur esaltandole grazie a piccoli plissè
all’interno del pizzo elasticizzato. Le rifiniture a taglio vivo le rendevano
impercettibili anche sotto l’abbigliamento più aderente, ma, nel campo della
decenza, questo era il massimo che aveva.
Indossò poi una camicetta, una gonna lunga, da collegiale, calzettoni e scarpe da
ginnastica.
Sì, sembrava proprio una studentessa alla ricerca del suo primo impiego. Inforcò un paio di
occhiali senza diottrie e rilesse le istruzioni che aveva ricevuto. Erano
categoriche e Sheila si apprestò a
seguirle alla lettera, ma prima decise di dare un saluto ad Hatch, il suo amico giornalista e suo stretto collaboratore, nonché fidanzato
a tempo perso.
La redazione del grande quotidiano si trovava poco
lontano dalla sua casa e lei fece
quasi correndo il breve tratto di strada, ma la visita si rivelò inutile in
quanto Hatch era dovuto correre via
per un servizio urgente.
Gli lasciò un biglietto e uscendo dal palazzo del giornale chiamò un taxi
fermo presso il marciapiede. L’autista
era un bel ragazzo biondo e lei gli
lanciò un'occhiata di provato e sicuro effetto e gli porse il biglietto con
l'indirizzo al quale doveva presentarsi.
— Dovrei arrivare al
più presto possibile!
Era già in ritardo sull’orario dell’appuntamento e la cosa
non deponeva a favore della sua professionalità.
L'autista annuì
sorridendo, e Sheila giunse a tempo
di record. Pagò in tutta fretta ed entrò, pensierosa, nell’edificio.
L'ascensore stava per salire, ma il Lift che lo serviva quando si accorse della bella fanciulla che correva verso di esso, riaprì la porta
dell'ascensore domandando:
— Quale piano,
signorina?
— Vorrei andare al terzo
piano, — ansimò Sheila,
premiando il giovane con uno sguardo
intrigante.
Terzo piano, numero 154. Sheila si fermò davanti alla porta bianca e premette il bottone del
campanello. La porta si aprì con uno scatto.
Nell'atrio, ben arredato, un giovane alto, dal viso pallido, stava battendo sulla tastiera di un
computer. Egli non alzò nemmeno la testa quando la fanciulla entrò.
— Buon giorno, —
disse Sheila con voce profonda e
morbida. — E' questo l'ufficio che cerca
una segretaria, signore?
L'uomo, immerso
nel lavoro, annuì e fece un cenno con la mano verso la porta a destra.
Sheila bussò.
Nessuno rispose. Mentre stava bussando di nuovo, il giovane, che ella già credeva muto, parlò finalmente con un tono di
voce che non piacque a Sheila:
— Entrate pure.
Nella seconda camera
due uomini stavano lavorando davanti
a scrivanie colme di fascicoli.
Sheila salutò.
— Per cortesia, con
chi potrei parlare della vostra inserzione per il posto di segretaria? Sono la signora Sheila Barn.
Sheila Barn era
da quel momento la sua nuova identità.
L'interrogato
alzò la testa, squadrò Sheila, ne ammirò
la figura snella, e si volse al compagno.
— Chi si occupa della
faccenda, Richard?
— Il signor Matheson
in persona.
L'impiegato
premette sul bottone del telefono interno ed alzò il ricevitore.
— Pronto, signor Matheson.
C'è una certa signorina Barn per il posto di segretaria. Potete riceverla?
Depose il ricevitore e disse ad Sheila:
— Per la porta
centrale, per favore.
Sheila obbedì e
si trovò sola in uno studio arredato
con ottimo gusto. Osservò tutto con attenzione, e, vedendo il bell'ambiente
pieno di sole, si lasciò distrarre dalla bella giornata. Togliendo lo sguardo
dalla finestra, vide presso la scrivania,
seduto in una comoda poltrona, un signore.
La ragazza
sorrise, sorpresa.
— Buon giorno,
signore. Sono Sheila Holmes. Non vi avevo scorto, credevo di trovarmi sola nel
vostro studio.
— Perciò avete
esaminato l'ambiente con tanta attenzione...
— Non per questo.
Anche se vi avessi visto subito, avrei guardato egualmente tutto, perchè è
abitudine mia di osservare quello che mi circonda.
— Molto bene.
Accomodatevi. Sapete dove vi trovate?
— Sulla porta
d'ingresso ho visto il vostro nome, signore. Investigatore privato Edouard Matheson.
— Avete già sentito
nominare il nostro ufficio?
— Ho letto spesso il
vostro nome sui giornali.
— Avreste piacere di
lavorare per noi?
— Generalmente non lo
farei, ma attualmente assumerei qualunque lavoro perchè sono disoccupata da
mesi. E, poi, lavorare per voi è un
grande onore. Ho per voi e per la vostra organizzazione la massima stima.
Il signor Matheson
rise ed i suoi lineamenti duri divennero gentili.
— Siete molto franca,
signorina Holmes, e vi ringrazio per
i complimenti
La osservò attentamente e sembrò apprezzare sia la sua
figura che il suo vestiario. Ella portava in sé una luce placida che non veniva
dai soavi e grandi occhi grigio-verdi, non veniva dal viso perfetto, ma da
qualche cosa di spirituale, che la faceva somigliare a una essere d’alabastro,
irreale, illuminata com’era alle sue spalle dalla luce splendida e morbida di
quella mattinata di sole.
— Siete perfetta! Sembrate
proprio una ingenua collegiale, anche se i vostro occhi tradiscono la vostra
indole. Conoscete delle lingue?
Sheila non si
chiese cosa avesse voluto dire con la parola indole, ma lei e quell’uomo,
avvertiva, erano della stessa pasta e rispose:
— Oltre all'inglese, di
cui conosco anche varie intonazioni dialettali, parlo e scrivo il francese, il
tedesco, lo spagnolo e l’italiano. Il tedesco lo conosco come se fosse una mia
seconda lingua.
— Che scuole avete
fatto?
— Ho frequentato il
liceo, poi mi sono laureata a Oxford in filosofia, in legge e in
medicina, frequentando il
corso di criminologia del professore John Witman.
— E Sherlock Holmes è veramente un vostro avo?
— Era il bisnonno di
mio padre.
Matheson suonò, e
poco dopo entrò nello studio il pallido
giovane che Sheila aveva visto
scrivere nell'atrio. Egli si fermò senza pronunciare parola e fissò con gli
occhi melanconici l'investigatore.
— Dite, per favore, al
portiere che il posto di segretaria è occupato.
— Ci sono nove
signorine nell'atrio, — rispose il giovanotto
in tono disperato.
— Mandatele via.
Il signor Matheson
attese finché la porta fu richiusa, fumò silenzioso per qualche attimo la sua
sigaretta e quindi domandò:
— Che cosa ne dite di
questo impiego?
— Sono contenta. Confesso
che avrei accettato l’incarico anche gratis. Vedete a livello economico non ho
bisogno di lavorare, ma come il mio avo se non ho un caso da risolvere mi sento
perduta.
— Quanti casi avete
risolto sino ad oggi?
— Una decina. L’ultimo
sembrava addirittura un caso impossibile, irresolubile. Era un complicatissimo
delitto, che ha avuto un movente tanto misterioso da condurre le mie
supposizioni oltre i limiti della vita reale fin nelle sfere del
soprannaturale. Ma il mistero è durato soltanto finché non sono riuscita a
trovare la soluzione, che rendeva tutto semplice e chiaro. E questo è appunto
il sorprendente. E' sorprendente come la mente umana, una volta eliminato
l'impossibile, ha di fronte a se, per quanto improbabile, la verità.
Mentre la fanciulla
parlava, Matheson, che l'ascoltava
con crescente interesse, non potè fare a meno di ammirarne la bellezza.
— Proseguite, —
disse. — Come avete sbrogliato la matassa
del delitto?
— Veramente non sono
stata io a trovare la soluzione del problema, ma la frase di un mio amico
giornalista, James Hatch.
Matheson rise
rumorosamente. Si alzò dalla scrivania e camminò su e giù per lo studio,
fumando avidamente la sua sigaretta.
— Devo dire che siete
perfetta per l’incarico che intendo affidarvi. Ma è ora che cominciate a
recitare la vostra parte.
L'investigatore
aprì una porticina e condusse Sheila
in un corridoio.
Questa parte del palazzo
sembrava costituire un piccolo regno a sè. Nello stretto corridoio si allineava
una fila di porte bianche numerate e sotto i numeri si vedevano delle targhette.
La fanciulla le osservò una dopo l'altra: Edouard
Matheson, S. Browne, R. Grenier, R. Richard e E. O’Hara. Sulla
sesta porta vi era una targhetta in bianco.
— Ecco, questa è la
vostra stanza da segretaria. E' identica alle altre.
Matheson aprì
sorridendo la porta. Nella stanza,
in stile moderno, quasi tutti i mobili erano costruiti nel muro, cominciando
dall'armadio a tre sportelli — uno dei quali era costituito da uno specchio —
fino a un piccolo divano, a uno scaffale di libri su cui dominava una grande
scrivania
L'investigatore,
poi, aprì una porticina rimasta fino allora invisibile e condusse la fanciulla in una stanzetta da bagno.
— E questo è il bagno.
Matheson
ricondusse Sheila nel suo ufficio e diede disposizioni perchè la
Cassa pagasse un anticipo alla fanciulla,
quindi guardò l'orologio.
— Questa mattinata
appartiene ancora a voi, signorina Holmes. Presentatevi alle quattordici al
signor Richard, il quale vi darà da lavorare, sino al momento in cui avrete mie precise disposizioni.
Sheila prelevò
l'anticipo e dopo aver sorriso gentilmente, nell'atrio, al triste giovane silenzioso, corse giù per le scale con animo
leggero. Decise di andare a trovare Hatch,
ma James non era ancora tornato.
Allora pensò di recarsi al centro di Londra per fare qualche acquisto. Fermò un taxi e dentro di se sorrise. L’autista era veramente un gran bel ragazzo. La faccia abbronzata, gli
occhi azzurri dallo sguardo energico e fermo, il naso diritto rivelavano
intelligenza, e, quando il giovane
sorrise, apparve una fila regolare di denti forti e bianchi che lo rendeva
attraente e simpatico.
In una sola giornata era incappata in due tassisti che avrebbero potuto benissimo essere degli attori per quanto erano belli. Giunta
in centro, mentre pagava la corsa si sentì dire dal giovane:
— Volete che vi
aspetti?
— Ma no.
— Potrei tornare più
tardi per prendervi, signorina?
Sheila fissò il giovane.
«E perché no?»
pensò.
Si sentì turbata e convenne che le avrebbe fatto piacere se
il giovanotto fosse tornato.
— Va bene, —
decise e vide chiaramente che negli occhi dell'autista passò un lampo di gioia. — Tornate fra un'ora ed aspettatemi.
L'autista
s'inchinò, e Sheila constatò che la
sua mossa era tutt'altro che goffa. Dopo che l'uomo fu risalito in macchina, Sheila
guardò ancora a lungo il taxi che si
allontanava.
— Beh, non c'è male
— mormorò adagio. — Un autista...
L'ora passò in un baleno. L'autista la stava aspettando con un largo sorriso sulle labbra.
— Temevo di arrivare
in ritardo — disse il giovane
con un sorriso di scusa. — Il traffico mi
aveva bloccato a Trafalgar Square.
Sheila salì nella
macchina, nel movimento brusco la gonna le risalì oltre le ginocchia. Ella aveva
coscienza che esse erano levate verso lo sguardo indiscreto del giovane, ma non
fece nulla per ricoprirle.
Fra poco sarebbe scesa dalla macchina, avrebbe pagato l'autista per non rivederlo mai più. Il
cuore le si strinse. Perchè avrebbe voluto rivederlo? Che cosa aveva a che fare
lei con questo giovane estraneo
dalla faccia abbronzata e dai capelli biondi?
Aveva ragione Hatch
quando le diceva che era una piccola
sgualdrinella. Ed era vero: le piaceva il sesso, le piaceva l’avventura, le
piaceva l’ignoto, anche se poi, in fondo, amava solo James.
Che cosa ridicola...
L'automobile si fermò e l'autista aprì lo sportello.
— Mi dispiace tanto
che non abbiate attivato il tassametro — disse Sheila. — Quanto vi devo?
Il giovanotto
alzò le spalle.
— Nulla. E’ stato un vero
piacere. Potrò rivedervi?
— No, — Sheila rise. — Non potete sperarlo. Molto di rado prendo un tassì. Però, — decise
di colpo, — datemi il vostro numero
telefonico.
Un vivo rossore invase il volto del giovane.
Sheila ne fu
intenerita.
Entrò nel portone, ma prima di salire per lo scalone si
volse e guardò verso la strada. L'automobile
era ancora ferma. Peter Sand, così
si chiamava il giovane, era seduto
al volante e guardava verso lo scalone.
«E’ proprio bello,
— disse Sheila a se stessa. — Penso proprio che lo chiamerò... »
Nel pomeriggio fece conoscenza coi nuovi colleghi, sfogliò delle carte d'ufficio per ambientarsi meglio,
però non venne chiamata dal signor Matheson.
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